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### Accesso alla rete
La questione della sovranità tecnologica si manifesta con particolare intensità quando abbiamo a che fare con Internet e con la nostra capacità di accedervi liberamente per una serie di utilizzi, da semplici comunicazioni interpersonali allo scambio di dati, alluso di applicazioni web di condivisione di mezzi e di organizzazione collettiva. In questo articolo tratteremo la problematica soprattutto dalla prospettiva della “rete”, partendo dal globale per poi considerare le iniziative su scala locale.
La questione della sovranità tecnologica si manifesta con particolare intensità quando abbiamo a che fare con Internet e con la nostra capacità di accedervi liberamente per una serie di esigenze: da semplici comunicazioni interpersonali allo scambio di dati, alluso di applicazioni web di condivisione di strumenti e di organizzazione collettiva. In questo articolo tratteremo la problematica soprattutto dalla prospettiva della “rete”, partendo dal globale per poi considerare le iniziative su scala locale.
Innanzi tutto, possiamo parlare della storia di Internet. Internet nasce negli Stati Uniti, avviata grazie a finanziamenti militari, ampliata da universitari e appassionati di informatica prima di estendersi in tutto il pianeta… e quindi possiamo iniziare a porci domande sulla sua gestione. Dallultimo Incontro Globale sulla Società dellInformazione (WSIS, World Summit on the Information Society), che ebbe luogo in Tunisia nel 2005, Internet è regolata dallInternet Governance Forum, sotto la sigla dellOrganizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
Possiamo partire dalla storia di Internet. Internet nasce negli Stati Uniti, avviata grazie a finanziamenti militari, viene ampliata da universitari e appassionati di informatica prima di estendersi in tutto il pianeta… possiamo quindi porci delle domande sui meccanismi di gestione. Secondo il WSIS (World Summit on the Information Society), che ebbe luogo in Tunisia nel 2005, Internet è regolata dallInternet Governance Forum, sotto la sigla dellOrganizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
Questa organizzazione mondiale non puó nascondere il fatto che, da un punto di vista tecnico, alcune istanze, al cuore della rete, sono finite sotto legemonia nordamericana. In particolare pensiamo allICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers)[^1] : una società di diritto californiana senza scopi di lucro, sotto la tutela del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, che gestisce i server DNS “a grappolo” (i .net, .org, .com) e attribuisce gli indirizzi “IP”[^2]. Questi indirizzi identificano tutti i computer che sono presenti nella rete. Bisogna segnalare che varie iniziative per creare un sistema di DNS decentralizzato (DNS P2P), tra le quali quella di Peter Sunde, cofondatore di The Pirate Bay[^3], non hanno ottenuto fino a ora unestensione significativa. Dobbiamo anche considerare la “censura dei DNS” come per esempio lintervento dei servizi americani per interrompere le attività di Megaupload[^4], o quella del “governo attraverso la rete” come segnaló il collettivo artistico “Bureau detudes”.[^5]
Questa organizzazione mondiale non puó nascondere il fatto che, da un punto di vista tecnico, infrastrutture essenziali per il funzionamento della rete, siano finite sotto legemonia nordamericana. In particolare pensiamo allICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers)[^1]: una società californiana senza scopo di lucro, sotto la tutela del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, gestore dell'albero dei server DNS (i .net, .org, .com) e dell'attribuizione degli indirizzi “IP”[^2]. Quest'ultimi identificano ogni computer presente in rete. Varie iniziative tese alla creazione di un sistema di DNS decentralizzato (DNS P2P) non hanno ottenuto fino a ora unestensione significativa. Tra queste quella di Peter Sunde, cofondatore di The Pirate Bay[^3]. Si consideri infine la questione sulla “censura dei DNS”, ad esempio lintervento dei servizi americani per interrompere le attività di Megaupload[^4], o quella del “governo attraverso la rete” come segnaló il collettivo artistico “Bureau detudes”.[^5]
### Perché bisogna difendere la neutralità di Internet?
Ripassiamo rapidamente alcuni trattati e tentativi internazionali, europei e nazionali (TAFTA, CETA, ACTA, SOPA, PIPA, Regolamento dellUnione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU), DAVDSI in Europa, legge Sinde in Spagna, LOPSI e Hadopi in Francia etc.) che pretendono di mettere ostacoli alla neutralità della rete per poterla “filtrare”. Secondo il collettivo “La Quadrature du Net”[^6] : “la neutralità della rete é un principio fondatore di Internet che garantisce che gli operatori delle telecomunicazioni non discriminino le comunicazioni dei loro utenti, e si comportino come semplici trasmettitori di informazioni. Questo principio permette a tutti gli utenti, indipendentemente dai loro mezzi, di accedere alla stessa rete nella sua totalità”. Per molti e spesso discutibili motivi[^7], alcuni trattati e progetti di legge provano a fabbricare strumenti legali per obbligare i fornitori di accesso o di strumenti di rete, e/o i contributori, a intervenire nellaccesso a certi contenuti per poterli filtrare, e quindi discriminare.
Riconsideriamo rapidamente alcuni trattati e tentativi internazionali, europei e nazionali (TAFTA, CETA, ACTA, SOPA, PIPA, Regolamento dellUnione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU), DAVDSI in Europa, legge Sinde in Spagna, LOPSI e Hadopi in Francia etc.) che intendono ostacolare la neutralità della rete, con l'obbiettivo di “filtrarla”. Secondo il collettivo “La Quadrature du Net”[^6] : “la neutralità della rete é un principio fondatante di Internet, garante del fatto che le telco non discriminino le comunicazioni degli utenti, ma si comportino invece come semplici veicoli delle informazioni. Questo principio permette a tutti gli utenti, indipendentemente dai loro mezzi, di accedere alla stessa rete nella sua totalità”. Per molti e spesso discutibili motivi[^7], alcuni trattati e proposte di legge provano a fabbricare strumenti legali per obbligare i fornitori di accesso, di strumenti di rete, di contenuti a intervenire su quest'ultimi per poterli filtrare, e quindi discriminare.
La possibilità di accedere liberamente e pienamente a Internet puó anche vedersi influenzata da considerazioni strategico-commerciali dei provider, i quali, con le tecnologie Deep Packet Inspection (DPI), hanno la capacità di favorire certi contenuti piuttosto che altri. La DPI consiste nellaprire tutti i pacchetti che contengono i dati scambiati con i server e gli altri utenti per valutarne il contenuto e decidere la loro spedizione rapida o, al contrario, indirizzarli verso una binario morto o un ascoltatore prescelto che controlla tutto. Gli interessi dei provider commerciali di accesso a Internet sono molteplici: permettono di pensare a offerte di accesso con varie velocità, per esempio, per limitare la quantità di banda dei servizi piú pesanti e meno redditizi (ad esempio YouTube) o per far pagare un accesso privilegiato a questi servizi con lobiettivo di garantire la buona ricezione dei segnali televisivi che circolano ora via Internet, o la qualità dei servizi telefonici con IP[^8]. Bisogna sottolineare come queste tecnologie *DPI* sono usate anche dai fabbricanti di armi digitali per mettere sotto vigilanza un intero paese in rivolta (ad esempio la Libia, aiutata dai tecnici e dal software Eagle sviluppato dallimpresa francese Ameys Bull[^9]).
La possibilità di accedere liberamente e pienamente a Internet è influenzata da considerazioni strategico-commerciali dei provider, i quali, con le tecnologie Deep Packet Inspection (DPI), acquisiscono la capacità di favorire certi contenuti piuttosto di altri. La DPI consiste nellaprire tutti i pacchetti che contengono dati per valutarne il contenuto e decidere se farli transitare rapidamente o, piuttoto indirizzarli verso un binario morto o un'entità prescelta che controlli tutto. Gli interessi e le motivazioni dei provider commerciali sono varie: potrebbero offrire accesso alla rete a diverse velocità, per esempio, per limitare la quantità di banda dei servizi piú pesanti e meno redditizi (ad esempio YouTube) o per far pagare un accesso privilegiato a questi servizi con lobiettivo di garantire la buona ricezione dei segnali delle TV via Internet, o la qualità dei servizi telefonici VOIP[^8]. Le tecnologie *DPI* sono le stesse utilizzate dai fabbricanti di armi digitali per mettere sotto controllo interi paesi in rivolta (ad esempio la Libia, aiutata dai tecnici e dal software Eagle sviluppato dallimpresa francese Ameys Bull[^9]).
### La neutralità di Internet, un principio da difendere da un punto di vista tecno-politico
Alcuni stati puntano, ancora molto timidamente, a garantire un accesso libero e completo a Internet. Dopo il Cile[^10] é il caso, per esempio, dei Paesi Bassi dove il parlamento ha adottato una legge sulla neutralità di Internet allinizio del mese di Maggio 2012[^11], mentre lUnione Europea continua a sorvolare sul tema[^12]. In alcuni paesi, le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità giuridica di assumere il ruolo di Internet provider e proporre un servizio di qualità a prezzi piú bassi per le fasce di popolazione meno avvantaggiate (ad esempio la Régie Communale du Câble et dElectricité de Montataire in Francia[^13]) o che si trovano in zone in cui non arrivano i provider commerciali perché poco profittevoli (le “zone bianche”). Fino a ora, almeno in Francia, le amministrazioni sono state piú rapide a delegare l'impianto delle reti di banda larga ai soliti operatori commerciali piuttosto che ad approfittare di questa opportunità per affrontare concretamente il futuro di Internet sotto il punto di vista dei beni comuni.
Alcuni stati provano, ancora molto timidamente, a garantire un accesso libero e completo a Internet. Dopo il Cile[^10] é il caso, per esempio, dei Paesi Bassi dove il parlamento ha adottato una legge sulla neutralità di Internet allinizio del Maggio 2012[^11], mentre lUnione Europea continua a sorvolare sul tema[^12]. In alcuni paesi, le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità giuridica di assumere il ruolo di Internet provider e proporre un servizio di qualità a prezzi piú bassi per le fasce più povere della popolazione (ad esempio la Régie Communale du Câble et dElectricité de Montataire in Francia[^13]) o per chi si trova in zone commercialmente poco appetibili per i provider commerciali (le “zone bianche”). Fino a ora, almeno in Francia, le amministrazioni hanno preferito delegare rapidamente la costruzione delle reti a banda larga ai soliti operatori commerciali, piuttosto di cogliere l'opportunità di affrontare concretamente il futuro di Internet dal punto di vista dei beni comuni.
Alcuni attori della società civile da molto tempo si sono mobilizzati per difendere questo principio di fronte ai legislatori, come nel caso della “Quadrature du Net” che lo ha convertito in una delle sue priorità[^14] e si presenta come una “organizzazione di difesa dei diritti e delle libertà dei cittadini di Internet. Promuove unadattamento della legislazione francese ed europea che si mantenga fedele ai valori che hanno promosso lo sviluppo di Internet, soprattutto la libera circolazione della conoscenza. In questo senso, la Quadrature du Net interviene nei dibattiti sulla libertà di espressione, il diritto dautore, le regolamentazioni del settore delle telecomunicazioni e anche il rispetto della vita privata. Consegna ai cittadini interessati strumenti che permettano loro di comprendere meglio i processi legislativi e partecipare efficacemente al dibattito pubblico” [^15].
Alcuni attori della società civile si sono da tempo mobilitati per difendere questo principio di fronte ai legislatori, come nel caso della “Quadrature du Net” che ha fatto una priorità[^14] e si presenta come una “organizzazione di difesa dei diritti e delle libertà dei cittadini su Internet. Promuove unadattamento della legislazione francese e europea fedele ai valori che hanno promosso lo sviluppo di Internet, soprattutto la libera circolazione della conoscenza. In questo senso, la Quadrature du Net interviene nei dibattiti sulla libertà di espressione, il diritto dautore, le regolamentazioni del settore delle telecomunicazioni e anche il rispetto della sfera privata. Consegna ai cittadini interessati strumenti che permettano di comprendere meglio i processi legislativi e partecipare efficacemente al dibattito pubblico” [^15].
### Comunità per una Internet accessibile, libera e aperta
Esistono varie tipologie di associazioni, ONG e comunità che militano in forma attiva e (in maniera) pratica per proporre una rete neutrale. Si possono distinguere da un punto di vista tecnico secondo il modo di accesso proposto: dal dotarsi di un router per connettersi a una rete cablata o, ancora meglio, allinstallare un sistema wifi integrato in una rete mesh a sua volta interconnessa a Internet. In linguaggio tecnico, “Asymmetric digital Subscriber Line” (linea di abbonamento digitale asimmetrica, ADSL) contro il Wi-Fi, una banda libera dello spettro elettromagnetico.
Esistono varie tipologie di associazioni, ONG e comunità che militano in forma attiva e pratica per promuovere una rete neutrale. Si possono distinguere da un punto di vista tecnico in base alla modalità di accesso proposta: c'e' chi sostiene il più tradizionale dotarsi di un router per connettersi a una rete cablata e chi spinge per un sistema wifi integrato in una rete mesh connessa a Internet. In linguaggio tecnico, “Asymmetric digital subscriber line” (linea di abbonamento digitale asimmetrica, ADSL) contro il Wi-Fi, una banda libera dello spettro elettromagnetico.
### Linea di abbonamento digitale asimmetrica
### Asymmetric digital subscriber line
Possiamo citare come esempio francese la French Data Network (FDN)[^16], creata nel 1992 come associazione per offrire a tutti e a minor prezzo quello che altri usavano come strumento di lavoro dallinizio degli anni ottanta. I servizi offerti da FDN hanno incluso la posta elettronica, le notizie, laccesso a numerosi archivi di software e documentazione e alle macchine della rete Internet.
Possiamo citare come esempio francese la French Data Network (FDN)[^16], creata nel 1992 come associazione per offrire a tutti e a minor prezzo quello che altri usavano come strumento di lavoro dallinizio degli anni ottanta. I servizi offerti da FDN includono la posta elettronica, news, laccesso a numerosi archivi di software, documentazione e a Internet.
Uno dei vantaggi di FDN è la diversità dei suoi membri, con vecchi navigatori di Internet ben preparati tecnicamente e membri interessati a temi molto differenti (musica, legge, educazione, grafica etc.). Questo permette di promuovere una Internet di qualità, sia a livelli di servizi che di contenuti che ne rispettano letica iniziale. Partendo da questa volontà, FDN ha avviato in Francia una federazione di provider associati per laccesso a Internet (FFDN), che al momento comprende 23 membri[^17] e che cerca di facilitare lo scambio su problematiche tecniche e politiche.
La creazione di un FAI (“ fournisseur daccès a Internet “: fornitore di accesso a Internet) associativo[^18] sembra relativamente sensata (vedere “come diventare il proprio FAI[^19]”[^20]) soprattutto quando strutture come la FFDN si profilano per accompagnare e dinamizzare questa iniziativa. Ci rimane il problema del “circuito locale”, ovvero gli ultimi chilometri del cavo, e un domani della fibra ottica, che arrivano fino alla nostra casa, e che appartengono a un numero limitato di operatori con i quali bisogna giungere a un accordo. Una problematica dalla quale restano esenti le reti wireless.
Uno dei vantaggi di FDN è l'etereogenità dei suoi membri: da vecchi navigatori di Internet ben preparati tecnicamente a persone interessate a temi molto differenti (musica, legge, educazione, grafica etc.). Questo permette di promuovere un Internet di qualità, sia a livello di servizi che di contenuti, rispettandone letica iniziale. A partire da questo progetto, FDN ha dato vita in Francia a una federazione di provider associati per laccesso a Internet (FFDN), che al momento comprende 23 membri[^17] e cerca di facilitare lo scambio su problematiche tecniche e politiche.
La creazione di un FAI (“ fournisseur daccès a Internet “: fornitore di accesso a Internet) associativo[^18] sembra relativamente sensata (vedere “come diventare il proprio FAI[^19]”[^20]) soprattutto quando strutture come la FFDN si propongono di fare da guida e contribuire a mantenere viva questa iniziativa. Rimane il problema del “circuito locale”, ovvero gli ultimi chilometri del cavo, e un domani della fibra ottica, che giungono fino alla nostra casa. Questi appartengono a un numero limitato di operatori con i quali bisogna giungere a un accordo. Una problematica dalla quale sono esenti le reti wireless.
### Il Wi-Fi, una banda libera dello spettro elettromagnetico
Con il cambiamento della legislazione, allinizio del 2000, in alcuni paesi, si rendeva possibile liberamente lutilizzo di apparati di comunicazione wireless, senza dover chiedere nessun tipo di autorizzazione o licenza. Molti paesi limitarono la potenza ammessa e aprirono piú o meno “canali” in una banda di radiofrequenza che si chiama “Industriale, Scientifica e Medica” (ISM[^21]) che si trova tra i 2.4 e i 2.4835 Ghz. Al tempo stesso, in alcuni paesi, esiste la possibilità di usare frequenze attorno ai 5Ghz.
Con il cambiamento della legislazione, allinizio del 2000, in alcuni paesi, si liberalizzò luso di apparati Wi-Fi, senza bisogno di autorizzazione o licenza. Molti stati limitarono la potenza ammessa e assegnarono alcuni “canali” in una banda di radiofrequenza denominata “Industriale, Scientifica e Medica” (ISM[^21]) tra i 2.4 e i 2.4835 Ghz. Inoltre, in alcuni paesi, esiste la possibilità di usare anche le frequenze attorno ai 5Ghz.
A partire da qui, si sono iniziate a creare comunità Wi-Fi, tanto nelle città per essere piú autonomi, mutualisti e liberi rispetto ai fornitori di accesso, cosí come nelle campagne per coprire “zone bianche” senza connessione a Internet e considerate come “non profittevoli” per gli operatori privati e pubblici. Bisogna menzionare in Europa: Freifunk[^22] in Germania, Funkefeuer[^23] in Austria o Guifi.net[^24] in Catalogna, o Ninux in Italia tra molte altre[^25]. Sono molto eterogenee, includendo da pochi utenti in zone isolate fino a decine di migliaia di “nodi” distribuiti in zone piú dense, su scala cittadina, regionale o nazionale.
Questa situazione ha dato vita a comunità Wi-Fi, tanto nelle città, spinte dalla volontà di essere piú autonome, mutualiste e libere rispetto ai fornitori di accesso, quanto nelle campagne, per coprire “zone bianche” senza connessione a Internet o considerate “economicamente poco convenienti” per gli operatori privati e pubblici. Ricordiamo a livello europeo: Freifunk[^22] in Germania, Funkefeuer[^23] in Austria o Guifi.net[^24] in Catalogna, o Ninux in Italia[^25]. Sono realtà molto eterogenee, si passa da pochi utenti in zone isolate fino a decine di migliaia di “nodi” distribuiti in zone piú dense, su scala cittadina, regionale o nazionale.
In maniera schematica, i membri costituiscono un punto di accesso e un ripetitore dentro una rete mesh configurando un router Wi-Fi in maniera adeguata. Questa rete si connette a Internet tramite uno o piú accessi personali o condivisi: unantenna fa da collegamento con zone distanti svariati chilometri dove unaltra piccola rete puó essere sviluppata. Si tratta quindi di distribuire nella maniera piú decentralizzata possibile laccesso a Internet e a risorse informatiche “locali” (siti web, servizi di posta elettronica, strumenti di telecomunicazione etc.), cioé preposte in uno dei server direttamenti connessi a uno o piú nodi di questo intreccio elettromagnetico.
In maniera schematica: ciascun membro configura il proprio router WI-FI perchè sia un punto di accesso e funzioni da ripetitore del segnale all'interno di una rete mesh. Questa rete si connette a Internet tramite uno o piú accessi personali o condivisi. Unantenna direzionale può collegare zone distanti svariati chilometri, dove può essere sviluppata un'altra piccola rete. Si tratta quindi di distribuire nella maniera piú decentralizzata possibile laccesso a Internet e a risorse informatiche “locali” (siti web, servizi di posta elettronica, strumenti di telecomunicazione etc.), mantenuti in uno dei server direttamente connessi a uno o piú nodi di questo intreccio elettromagnetico.
Una delle piú antiche comunità Wi-Fi in Europa, Freifunk (“radio libera”), nata nel 2002, creó un proprio sistema operativo per routers, il Firmware Freifunk, e il proprio protocollo di routing B.A.T.M.A.N.[^26], oggi in uso su scala mondiale come base per costruire reti mesh e ottimizzare in queste la circolazione di pacchetti. Fece anche parte della costituzione di una rete internazionale di comunità che condividono gli stessi valori, spesso vicini a quelli del software libero, con la stessa voglia di distribuire, “decentralizzare”, nella dimensione possibile, i mezzi della rete che si considerano come un bene comune al quale tutti possano accedere.
Una delle piú antiche comunità Wi-Fi in Europa, Freifunk (“radio libera”), nata nel 2002, creó un proprio sistema operativo per router, il Firmware Freifunk, e il proprio protocollo di routing B.A.T.M.A.N.[^26], oggi in uso su scala mondiale come base per costruire reti mesh e ottimizzarne la gestione del traffico. Contribuì inoltre a creare una rete internazionale di comunità basate sugli stessi valori, spesso vicini a quelli del software libero, la stessa voglia di condividere, “decentralizzare” per quanto possibile, le infrastrutture di rete, considerate come un bene comune al quale tutti debbono poter accedere.
Labbassamento dei prezzi dei router Wi-Fi (fatti nella Repubblica Popolare Cinese[^27]) aiutó lo sviluppo di questa tipologia di iniziativa che alcuni vedono come il futuro di Internet: una rete decentralizzata, stabile, con una intelligenza multiforme e condivisa, in grado di adattarsi alla trasformazioni sociali, tecnologiche o ecologiche. C'e' una questione aperta relativa alla “liberazione delle frequenze”[^28]: anche agli operatori privati fanno comodo queste onde “gratuite”, per poter far comunicare oggetti diversi (Iot), o per trasmettere la telefonia mobile attravero la rete; alcuni definiscono queste frequenze “banda bassa”. Possiamo dunque considerare questa risorsa elettromagnetica come un bene comune, mettendo la società al centro del processo di condivisione, ben più influente di governi e aziende. Organismi come “Wireless commons” stabilirono un manifesto e una lista di punti comuni che potessero caratterizzare queste organizzazioni, e il fondatore di Guifi.net pubblicò nel 2005 il Comun Sesefils[^29] (Licenza Comune Wireless).
Labbassamento dei prezzi dei router Wi-Fi (fatti nella Repubblica Popolare Cinese[^27]) aiutó lo sviluppo di questa tipologia di iniziativa che alcuni vedono come il futuro di Internet: una rete decentralizzata, stabile, con una intelligenza multiforme e condivisa, che si adatta a tutto quello che puó succedere socio-tecno-ecologicamente in ogni contesto. Sicuramente esistono rivendicazioni a proposito della questione della “liberazione delle frequenze”[^28], perché anche agli operatori privati fanno comodo queste onde “gratuite”, sia per poter far comunicare tra di loro oggetti suppostamente intelligenti, sia per trasmettere la telefonia mobile attravero il cavo di Internet di casa; alcune ora chiamano questa banda di frequenza la “banda bassa”. Ora quindi possiamo considerare questa risorsa elettromagnetica come un bene comune, mettendo la società al centro del processo di scambio, ben oltre linfluenza degli Stati e delle aziende sulle frequenze. Organismi come “Wireless commons” stabilirono un manifesto e una lista di punti comuni che potessero caratterizzare queste organizzazioni, e il fondatore di Guifi.net pubblica dal 2005 il Comun Sesefils[^29] (Licenza Comune Wireless).
### Artisthackers sperimentano con altre “reti”
Presentiamo alcune iniziative che contribuiscono alla problematica della sovranità tecnologica dalla questione dellaccesso a un sistema di comunicazione e di scambio aperto, accessibile e anonimo:
Presentiamo qui di seguito alcune iniziative concernenti il dibattito sulla sovranità tecnologica, dalla questione dellaccesso alla creazione di un sistema di comunicazione e di scambio aperto, usabile e anonimo.
### Workshops sull'autogestione informatica
Negli hackerspace e in altri medialab, o per dirlo in altro modo, nei luoghi di riappropriazione della tecnologia, si realizzano workshop, piú o meno regolarmente, per essere piú autonomi di fronte alle proprie necessità informatiche: come avere i propri server web/mail in casa; come cifrare le proprie comunicazioni; aggirare possibili sistemi di filtraggio e schivare, per quanto possibile, gli ascoltatori indesiderati; come gestire i propri dati personali, la sicurezza del computer, etc...
Negli hackerspace e in altri medialab, o per dirlo in altro modo, nei luoghi di riappropriazione della tecnologia, si realizzano workshop, piú o meno regolarmente, per imparare a far fronte alle prorie necessità informatiche: gestire server web o mail in casa; cifrare le proprie comunicazioni; aggirare possibili sistemi di filtraggio e schivare, per quanto possibile, gli ascoltatori indesiderati; gestire i propri dati personali, la sicurezza del computer, etc...
### Battle mesh
In questo stesso tipo di luoghi, si organizzano “wireless battle mesh”[^30], riunioni amatoriali di specialisti in comunicazioni di reti wireless, che nel corso di diversi giorni e sotto forma di un gioco, di una battaglia, testano vari protocolli e provano a ottimizzare il funzionamento di una rete mesh per aquisire esperienze e abilità, interfacciandosi con altri partecipanti che condividono queste problematiche tecniche.
In questi stessi luoghi si organizzano “wireless battle mesh”[^30], riunioni amatoriali di specialisti in reti wireless. Durante queste giornate, sotto forma di gioco, nello scenario di un'immaginaria battaglia, vengono testati vari protocolli e perfezionato il funzionamento delle reti mesh. Lo scopo è acquisire esperienza, accrescere le proprie abilità, relazionandosi con altri partecipanti impegnati a risolvere le stesse problematiche tecniche.
### “Qaul.net” di Christoph Wachter e Mathias Jud
Qaul.net implementa un principio di comunicazione aperta nella quale computer e apparati mobili equipaggiati di scheda Wi-Fi possono formare in maniera spontanea una rete tra di loro, e permettere lo scambio di testi, files e chiamate vocali senza dover passare attraverso Internet o una rete di telefonia mobile. Questo progetto “artistico” è stato immaginato in reazione ai “blackout” di comunicazione imposti da regimi oggetto di rivolte allinterno del paese, o nel caso in cui catastrofi naturali distruggano le infrastrutture di rete.
Qaul.net da forma all'idea di comunicazione aperta: computer e apparati mobili equipaggiati di scheda Wi-Fi formano in maniera spontanea una rete, per permettere lo scambio di testi, files e chiamate vocali senza dover passare attraverso Internet o la telefonia mobile. Questo progetto “artistico” è stato immaginato come risposta ai “blackout” comunicativi imposti da regimi durante le rivolte interne, o nel caso in cui catastrofi naturali distruggano le infrastrutture di rete.
### “Batphone” o “Serval Mesh”
Lobiettivo di questo progetto è di trasformare ogni telefono cellulare con il Wi-Fi in un telefono Wi-Fi, cioè in un mezzo di comunicazione che, appoggiandosi alle strutture wireless esistenti, permetta la comunicazione con altre persone allinterno della rete senza passare dalla casella delloperatore e senza aver bisogno di una scheda SIM.[^31]
Lobiettivo di questo progetto è di trasformare ogni telefono cellulare con il Wi-Fi in un telefono Wi-Fi, cioè in un mezzo di comunicazione che, appoggiandosi alle strutture wireless esistenti, permetta la comunicazione con altre persone allinterno della rete senza passare attraverso un operatore e senza bisogno di una scheda SIM.[^31]
### “Deaddrop” di Aram Barthol
Il progetto consiste nel cementare in una parete una chiave USB e condividere la sua localizzazione in una mappa apposita lanciata sulla rete dallartista[^32]. Si tratta di unappropriazione della cassetta delle lettere usata da generazioni di spie per comunicazioni senza contatto fisico. Si tratta di un modo di creare un luogo di scambio anonimo, da persona a persona, disconnesso da Internet e impiantato nello spazio pubblico. I “deaddrops” si sono diffusi in (quasi) tutto il pianeta e dichiarano di avere al momento 7144Gb di spazio di archiviazione. Incidentalmente possono prendere freddo o riempirsi di virus.
Il progetto consiste nel cementare in una parete una chiave USB e condividere la posizione in una mappa apposita messa su Internet dallartista[^32]. Si tratta di una rielaborazione della cassetta delle lettere usata da generazioni di spie per comunicare, senza necessità di contatto fisico. E' un sistema per creare un luogo di scambio anonimo, da persona a persona, disconnesso da Internet e impiantato nello spazio pubblico. I “deaddrops” si sono diffusi in (quasi) tutto il pianeta e dichiarano di avere al momento 7144Gb di spazio di archiviazione. Incidentalmente possono prendere freddo o riempirsi di virus.
### “Piratebox” di David Darts
La Piratebox[^33] ripropone questo stesso princio di cassa di deposito anonima proponendo una rete Wi-Fi aperta nella quale tutte le persone che si connettono e aprono un browser Internet si vedono diretti verso una pagina che propone il caricamento dei propri file, e la consultazione e scaricamento dei file depositati precedentemente. Questa “micro-Internet” è disconnessa dalla grande Internet, non registra i “logs” e garantisce, quindi, confidenzialità. Si puó accedere al sistema in una radio che ha a che vedere con il posizionamento e la qualità dellantenna utilizzata, si puó installare in un router Wi-Fi a basso costo come il micro computer Raspberry Pi e aggiungerle una chiave Wi-Fi, o in un computer tradizionale, o in un telefono cellulare.
La Piratebox[^33] ripropone questo stesso principio di cassa di deposito anonima Attraverso una Wi-Fi aperta tutte le persone connesse aprendo un browser vengono rediretti su una pagina dove è possibile caricare i propri file, consultare e scaricare quelli già depositati. Questa “micro-Internet” è disconnessa dalla grande Internet, non registra i “logs” e garantisce, quindi, confidenzialità.
Si puó accedere al sistema in una radio che ha a che vedere con il posizionamento e la qualità dellantenna utilizzata, si puó installare in un router Wi-Fi a basso costo come il micro computer Raspberry Pi e aggiungerle una chiave Wi-Fi, o in un computer tradizionale, o in un telefono cellulare.
Partendo da questo dispositivo, la comunità degli utilizzatori ha immaginato molte evoluzioni[^34] : la “Library Box” per condividere libri liberi dal diritto dautore in una biblioteca, il “Micro Cloud” per tenere i documenti a portata di mano, la “OpenStreetMap Box” per consultare risorse cartografiche libere “offline”, la T.A.Z. Box, la Pedago-Box, la KoKoBox, etc.
@ -171,4 +173,4 @@ Artista e coordinatore di [Labomedia](http://labomedia.org), mediahackerfablabsp
[^34]: http://wiki.labomedia.org/index.php/PirateBox#Projets_et_d.C3.A9tournements_de_la_PirateBox
<p align="center"><img src="../../end0.png"></p>
<p align="center"><img src="../../end0.png"></p>

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![3dprinter](../../es/content/media/free-hw.png)
Il concetto di hardware è abbastanza nuovo, molto ampio, in continuo rinnovamento e diametralmente diverso dal software. Vi è una vasta polemica su ciò che è e non é, quindi grazie all'assenza di una definizione concordata chiunque lo interpreta un po' a modo suo. Ad esempio, per me, l'hardware comprende un componente elettronico, un condensatore, un transistor, un LED, un circuito integrato, un dispositivo quale un moto-aratro, la descrizione di un processo industriale, come la fabbricazione di un mattone refrattario, un computer, una stampante 3D, un meccanismo per la purificazione dell'acqua scritto in codice sorgente aperto, un processo per il riciclo della plastica, l'assemblaggio di una fresatrice CNC, un metodo di analisi dei suoli inquinati mediante sensori o il codice di un microcontrollore.
Il concetto di hardware è abbastanza nuovo, molto ampio, in continuo cambiamento e spesso in direzione diametralmente opposta al software. E' in atto una discussione sulla natura dell'hardware, su cosa sia e non sia: in assenza di una definizione comune ognuno lo interpreta a modo proprio. Ad esempio, per me, l'hardware comprende un componente elettronico, un condensatore, un transistor, un LED, un circuito integrato, un dispositivo quale un moto-aratro, la descrizione di un processo industriale, come la fabbricazione di un mattone refrattario, un computer, una stampante 3D, un meccanismo per la purificazione dell'acqua scritto in codice sorgente aperto, un processo per il riciclo della plastica, l'assemblaggio di una fresatrice CNC, un metodo di analisi dei suoli inquinati mediante sensori o il codice di un microcontrollore.
Ma se diamo una occhiata più da vicino, si può dire che la storia dell'Hardware Libero corre parallela a quella dei computer. Nel 1970, l'Homebrew Computer Club[^1] si è rivelato essere un ibrido composto dal movimento studentesco radicale, imprenditori della comunità informatica dell'università di Berkeley e hobbysti elettronici.
Appare un po' ironico vedere come molti di quei garage, prima pieni di creatività, sono ora musei, come quello di Bill Hewlett e Dave Packard, dove è stato sviluppato il primo dispositivo HP. Negli anni '90, nello stesso modo in cui i software venivano scambiati, l'FPGA [^2] consentiva anche lo scambio elettronico di disegni liberi. La Open Design Circuits [^3] lanciata da Reinoud Lamberts, è il primo sito web di una comunità di progettisti di hardware con lo spirito del software libero. E nonostante non ci fosse ancora un software libero adeguato per la progettazione elettronica, questo portale coinvolse molte persone ponendo le basi per una comunità più ampia. Nel 2002, l'iniziativa "Challenge to Silicon Valley" [^4] promossa da Kofi Annan ha lanciato diversi progetti di sviluppo di hardware libero e reso più visibile la necessità di sviluppare tecnologie varie adeguate a realtà socioculturali ed economiche diverse. Quella linea di sviluppo della tecnologia si è anche miscelata con la lotta globale contro il divario digitale attraverso iniziative come ICT4Development. Queste erano generalmente il risultato di collaborazioni tra università e il terzo settore per creare tecnologie adattate alle esigenze dei paesi erroneamente definiti "in via di sviluppo". Tuttavia, oggi le prospettive di produzione hardware sono principalmente caratterizzate dalle limitazioni imposte da brevetti industriali e proprietà industriale [^5]. Questi sono l'insieme di diritti che una persona fisica o giuridica pone sopra un'invenzione. Questi forniscono due tipi di diritti: il diritto di utilizzare l'invenzione, disegno o segno distintivo, e il diritto di vietare a terzi di farlo. Il diritto di vietare (*Ius prohibendi*) consente al titolare il diritto di richiedere il pagamento di una licenza, denominata royalty, o di canoni, avendo limiti temporali e territoriali.
### Hardware Libero: Fin dove e in che modo?
Va tenuto presente che l'hardware libero richiede quasi tutte le seguenti parti: un disegno, un processo di produzione, alcune materie prime, la distribuzione, il modello di business, di manutenzione, distribuzione, replicabilità, la forza lavoro, l'accesso alla documentazione e alla tecnica di produzione. Partendo da questo contesto, se cerchiamo di definire ciò che è hardware libero abbiamo bisogno di vedere tutte le tappe di produzione sommate a tutti i tipi di risultati tangibili possibili che possano essere interpretati da licenze libere.
Lo stesso Richard Stallman [^6], presidente della Free Software Foundation [^7] e creatore della GNU GPL [^8] che garantisce le seguenti quattro libertà (la libertà di utilizzo, studio e modifica, la distribuzione e la redistribuzione delle versioni modificate), afferma anche che "le idee di software libero possono essere applicati ai file o agli archivi necessari per la progettazione e le specifiche (schemi, PCB, ecc), ma non al circuito fisico in sé" [^9].
Va segnalato anche che c'è un hardware "statico", comprendente gli elementi di sistemi materiali o elettronici tangibili, e un hardware "riconfigurabile", composto da un linguaggio di descrizione hardware scritto in un file di testo che contiene il codice sorgente. Pertanto, le parole "hardware" e "progettazione hardware" sono due cose diverse. Il disegno e l'oggetto fisico non possono essere confusi anche se a volte si fondono reciprocamente.
Tutti questi fattori creano confusione quando si cerca di descrivere che cos'è l'hardware libero. Se è vero che ogni componente e le fasi di produzione possono essere adatte alle quattro libertà specificate dal software libero, va detto che attualmente nessun progetto riesce a coprire l'intera catena con passaggi rigorosamente liberi. Così ora usiamo il termine hardware libero/aperto, senza dover attuare le quattro libertà strettamente in tutte le aree. Ci sono molte iniziative consolidate in questo campo, anche se i modelli di utilizzo ed approccio sono diversi a seconda delle motivazioni sociali, economici e politiche di ogni gruppo o di comunità dietro il suo sviluppo.
Di conseguenza, v'è una moltitudine di diverse licenze che cercano di chiarire questi aspetti. Ad esempio, il Free Hardware Design [^10] è un disegno che può essere copiato, distribuito, modificato, e prodotto liberamente. Ciò non implica che il progetto non possa essere venduto, o che qualsiasi pratica di progettazione hardware sia gratuita. Il Libre Hardware Design è uguale al Free Hardware Design, ma chiarisce che la parola "libre" si riferisce alla libertà, non al prezzo. L' Open Source Hardware [^11] mette tutte le informazioni di progettazione a disposizione del pubblico in generale, e può essere basato su hardware con design libero, o limitato in qualche modo. L'Open Hardware [^12], un marchio registrato della Open Hardware Specification Program, è una forma limitata di Open Source Hardware in quanto l'unico requisito è quello di fornire una quantità limitata di informazioni di progettazione per effettuare riparazioni. Infine, in un tentativo di sintesi, Patrick McNamara ha definito per l'Open Hardware i seguenti livelli di apertura:
Ma se diamo una occhiata più da vicino, si può dire che la storia dell'Hardware Libero corra parallela a quella dei computer. Nel 1970, l'Homebrew Computer Club[^1] fu un'entità ibrida composta dal movimento studentesco radicale, imprenditori della comunità informatica dell'università di Berkeley e hobbysti.
E' buffo come molti di quei garage, prima pieni di creatività, siano ora musei, ad esempio quello di Bill Hewlett e Dave Packard, dove è stato sviluppato il primo dispositivo HP. Negli anni '90, nello stesso modo in cui si condivideva il software, l'FPGA [^2] consentiva lo scambio digitale di disegni liberi. La Open Design Circuits [^3] lanciata da Reinoud Lamberts, è il primo sito web di una comunità di progettisti hardware con lo spirito del software libero. E nonostante non ci fosse ancora un software libero adeguato per la progettazione elettronica, questo portale coinvolse molte persone ponendo le basi per una comunità più ampia. Nel 2002, l'iniziativa "Challenge to Silicon Valley" [^4] promossa da Kofi Annan ha lanciato diversi progetti di sviluppo di hardware libero e reso più visibile la necessità di sviluppare tecnologie adeguate a differenti realtà socioculturali e economiche. Quella linea di sviluppo tecnologico si è quindi legata alla lotta contro il digital divide attraverso iniziative come ICT4Development. Si trattava generalmente di collaborazioni tra università e terzo settore, per creare tecnologie adatte ai bisogni di paesi erroneamente definiti "in via di sviluppo". Tuttavia, oggi le prospettive di produzione hardware sono fortemente limitate da brevetti e proprietà industriale [^5]: l'insieme di diritti che una persona fisica o giuridica detiene per un'invenzione. Sono essenzialmente due: il diritto di utilizzare l'invenzione, il progetto o logo, e il diritto di vietare a terzi di farlo. Il divieto (*Ius prohibendi*) consente al titolare di richiedere il pagamento di una licenza, denominata royalty, o di canoni, con limitazioni temporali e territoriali.
1. Interfaccia aperta: l'utente ha tutta la documentazione che spiega come un pezzo di hardware svolge la funzione per cui è stato progettato.
### Hardware Libero: Fin a che punto e come?
Va tenuto presente che l'hardware libero richiede quasi tutte le seguenti componeti: un disegno, un processo di produzione, alcune materie prime, la distribuzione, il modello di business, di manutenzione, di replicabilità, la forza lavoro, l'accesso alla documentazione e alla tecnica di produzione. Partendo da questo contesto, se cerchiamo una definire dobbiamo considerare tutte le tappe del processo produttivo correlate a tutti i possibili soggetti sottoposti a licenze libere.
Lo stesso Richard Stallman [^6], presidente della Free Software Foundation [^7] e creatore della GNU GPL [^8] ( garante delle quattro libertà: di utilizzo, studio e modifica, distribuzione e redistribuzione delle versioni modificate), afferma che "l'idea di software libero può essere applicata ai file o agli archivi necessari per la progettazione e le specifiche (schemi, PC, ecc), ma non al circuito fisico in sé" [^9].
Esite inoltre un hardware "statico", composto di elementi materiali o elettronici tangibili, e un hardware "riconfigurabile" attraverso un linguaggio di programmazione, con codice sorgente scritto in unfile di testo. Pertanto, le parole "hardware" e "progettazione hardware" sono due cose diverse. Il disegno e l'oggetto fisico non possono essere confusi, anche se a volte si fondono.
Tutti questi fattori rendeno complesso descrivere che cosa sia l'hardware libero. E' vero che i singoli componenti e le fasi di produzione possono essere adatte alle quattro libertà del software libero, ma attualmente nessun progetto riesce a coprire l'intera catena con passaggi rigorosamente liberi. Dunque per ora utilizziamo il termine hardware libero/aperto, ma senza dover applicare le quattro libertà per tutta la sfera produttiva. Esistono molte iniziative consolidate in questo campo, anche se i modelli di utilizzo e approccio sono diversi a seconda delle motivazioni sociali, economici e politiche di ogni gruppo o comunità.
Esitono dunque una miriade di licenze, che cercano di chiarire questi problemi. Ad esempio, il Free Hardware Design [^10] copre disegni che possono essere copiati, distribuiti, modificati e prodotti liberamente. Ciò non implica che il progetto non possa essere venduto, o che ogni genere di progettazione hardware sia gratuita. Il Libre Hardware Design è uguale al Free Hardware Design, ma chiarisce che la parola "libre" si riferisce alla libertà, non al prezzo. L' Open Source Hardware [^11] mette tutte le informazioni per la progettazione a disposizione del pubblico in generale, e può essere basato su hardware con design libero, o limitato in qualche modo. L'Open Hardware [^12], un marchio registrato della Open Hardware Specification Program, è una forma limitata di Open Source Hardware, l'unico requisito è fornire una quantità limitata di informazioni di progettazione utili per le riparazioni. Infine, in un tentativo di sintesi, Patrick McNamara ha definito per l'Open Hardware in base al livello di "apertura":
1. Interfaccia aperta: l'utente ha tutta la documentazione che illustra come un pezzo di hardware svolga la funzione per cui è stato progettato.
2. Design aperto: la documentazione disponibile è sufficientemente dettagliata affinchè una terza parte possa creare un dispositivo funzionale e compatibile.
3. Fabbricazione aperta: disponibile l'elenco di tutti i materiali necessari per la costruzione del dispositivo.
Nello scenario attuale delle licenze, rispetto all'hardware libero ne esistono una grande varietà.
Nello scenario attuale dell'hardware libero esiste una grande varietà di licenze.
Ci sono gruppi che usano la GNU GPL [^13] come la Free Model Foundry [^14] per la simulazione di modelli, componenti e testing; ESA Sparc [^15] che ha creato un CUP per 32bits o Opencores [^16], una comunità che sviluppa IP core.
Altri gruppi usano la licenza Open Source Initiative del MIT [^17] come il Free-IP Project [^18] e LART [^19]; per quanto riguarda la licenza GNUBook [^20], è basata sulla licenza GPL ma con aggiunte riguardanti i diritti ambientali ed umani.
Altri gruppi usano la licenza Open Source Initiative del MIT [^17] come il Free-IP Project [^18] e LART [^19]; per quanto riguarda la licenza GNUBook [^20], è basata sulla licenza GPL ma con aggiunte riguardanti i diritti ambientali e umani.
Esistono anche gruppi che sviluppano nuove licenze, come la Simputer GPL [^21], Freedom CPU [^22], OpenIPCores [^23], la OHGPL [^24], The Open NDA [^25], la OpenPPC [^26] (basata sulla Apple Public Source License) e la Hardware Design Public License [^27] del gruppo Open Collector [^28]. Distinguiamo tra le altre la Licenza Hardware del CERN OHL [^29] scritta originalmente per la progettazione del CERN (l'acceleratore di particelle) elecato nel Repository Open Hardware.
### Modelli di business e sostenibilità derivati dall'open hardware
Secondo Wired, la Bibbia del tecnopositivismo, l'Open Hardware sta diventando una “commodity”, ovvero una merce. Anche se non esiste ancora un modello di business chiaro, si capisce che può servire mercati di nicchia che non sono stati finora coperti, applicando la logica della "long tail", coda lunga o distribuzione di beni e servizi hardware (il modello Amazon) dalle dimensioni pressoché infinite. Per quanto riguarda la commercializzazione, la progettazione in hardware libero può essere implementata da una società per promuovere il suo stesso mercato, la cui unica premessa è quella di mantenere il progetto libero.
Nel 2010, Torrone e Fried [^30] hanno raccolto 13 esempi di aziende che vendono Hardware Open Source fatturando tra tutti 50 milioni di dollari. Attualmente ci sono più di 200 progetti di questo tipo e si prevede che la comunità di Open Source Hardware fatturerà miliardi nel 2015. Adafruit [^31], Arduino [^32], Chumby [^33], Liquidware [^34] e Makerbot [^35] hanno entrate pari a più di un milione di dollari ciascuno. Tutto questo dimostra che ci sono quindi le possibilità per generare reali guadagni economici con progetti che basano le loro attività sul rendere noto e condividere il design con la comunità.
Secondo Wired, la Bibbia del tecnopositivismo, l'Open Hardware sta diventando una “commodity”, ovvero una merce. Anche se non esiste ancora un modello di business chiaro, si capisce che può servire mercati di nicchia che non sono stati finora coperti, applicando la logica della "long tail", coda lunga o distribuzione di beni e servizi hardware (il modello Amazon) dalle dimensioni pressoché infinite. Per quanto riguarda la commercializzazione, la progettazione con hardware libero può essere realizzata da una società per promuovere il proprio mercato, l'unica premessa è mantenere il progetto libero.
Nel 2010, Torrone e Fried [^30] hanno raccolto 13 esempi di aziende che vendono Hardware Open Source fatturando in totale 50 milioni di dollari. Attualmente ci sono più di 200 progetti di questo tipo e si prevede che la comunità di Open Source Hardware fatturerà miliardi nel 2015. Adafruit [^31], Arduino [^32], Chumby [^33], Liquidware [^34] e Makerbot [^35] hanno entrate pari a più di un milione di dollari ciascuno. Tutto questo dimostra che ci sono quindi le possibilità per generare reali guadagni economici con progetti che basano le loro attività sul rendere noto e condividere il design con la comunità.
Ora, ciò che è meno chiaro: E' possibile esercitare una vera politica anticapitalista sulla base di un progetto economico e di ri-distribuzione delle attività legate ad una logica di sostenibilità e decrescita?
Un modello interessante per l'open hardware risiede nel crowdfunding [^36], cioé nel raccogliere piccole quantità di individui o gruppi per avviare un progetto. Huynh e Stack hanno creato, ad esempio, la Open Source Hardware Reserve Bank [^37] per coprire i costi connessi alle revisioni hardware in corso durante un progetto, stimate quasi il 40% del bilancio iniziale necessario. Il progetto mira a ridurre i rischi per i progetti di hardware libero prima di passare alla fase di produzione. Inoltre facilitano la sperimentazione consentendo la costruzione e la distribuzione di piccole quantità di prodotti considerati "non scalabili", perché "una pessima idea di business" non è la stessa cosa che "una brutta idea hardware".
Ora, ciò che è meno chiaro: è possibile esercitare una vera politica anticapitalista sulla base di un progetto economico e di ri-distribuzione delle attività legate ad una logica di sostenibilità e decrescita?
Un modello interessante per l'open hardware risiede nel crowdfunding [^36], cioé nel raccogliere piccole quantità di individui o gruppi per avviare un progetto. Huynh e Stack hanno creato, ad esempio, la Open Source Hardware Reserve Bank [^37] per coprire i costi connessi alle revisioni hardware in corso durante un progetto: si stima sia il 40% del bilancio iniziale necessario. L'idea è ridurre i rischi per i progetti di hardware libero prima di passare alla fase di produzione. Inoltre facilitano la sperimentazione consentendo la costruzione e la distribuzione di piccole quantità di prodotti considerati "non scalabili", perché "una pessima idea di business" non è la stessa cosa che "una brutta idea hardware".
Un altro esempio è l'Open Source Hardware Reserve Bank che permette solo ad hacker, non a chi fa investimenti di capitali di rischio o di altre società, di investire in progetti specifici per raddoppiare il numero di pezzi prodotti e riducendo il costo unitario dal 10 al 30% circa.
Da notare anche che una comunità può anche autofinanziare i suoi progetti attraverso il microcredito. Open money [^38] e Metacurrency [^39] propongono nuove forme di valuta, e cercano di promuovere il legame di monete esistenti con certificati di microcredito.
Da notare anche che una comunità può anche autofinanziare i propri progetti attraverso il microcredito. Open money [^38] e Metacurrency [^39] propongono nuove forme di valuta, e cercano di promuovere il legame tra monete esistenti e certificati di microcredito.
E infine, l'Open Design Manifesto [^40] che unisce le due tendenze. Da un lato, le persone applicano le loro competenze e il tempo in progetti per il bene comune che di solito non esistono a causa della mancanza di interesse commerciale. D'altra parte, fornisce un quadro di riferimento per lo sviluppo di progetti e tecnologie avanzate che potrebbero essere al di là delle risorse di qualsiasi azienda o paese e coinvolge la gente che senza il meccanismo del copyleft non si sentirebbe motivata a collaborare. Vediamo ora che esistono problemi per quanto riguarda la sostenibilità dell'hardware libero.
E infine, l'Open Design Manifesto [^40] che unisce le due tendenze. Da un lato, le persone applicano le loro competenze e il tempo in progetti per il bene comune, di solito inesistenti a causa della mancanza di interesse commerciale. E fornisce inoltre un quadro di riferimento per lo sviluppo di progetti e tecnologie avanzate che potrebbero essere al di là delle risorse di qualsiasi azienda o paese, coinvolgendo persone che senza il meccanismo del copyleft non si sentirebbe motivata a collaborare.
Da un lato, la mancanza di consenso sulla definizione di hardware libero è applicata anche ai possibili modelli di business. Un dispositivo aperto è diverso da ciò che esiste e domina il mercato e la cosa importante non è il prodotto finito (hardware prodotto), ma le attività immateriali, le informazioni riguardanti la progettazione dell'hardware che si apre all'uso pubblico. Inoltre, come si è visto in precedenza nell'hardware libero non si possono applicare direttamente le quattro libertà del software libero, data la sua natura diversa, uno ha una esistenza fisica, materiale, l'altro no. Pertanto, un progetto fisico è unico e la condivisione dipende dalla facilità di riproduzione.
Analizziamo ora alcune problematiche relative alla sostenibilità dell'hardware libero.
Da un lato, la mancanza di consenso sulla definizione di hardware libero è applicata anche ai possibili modelli di business. Un dispositivo aperto è diverso da ciò che esiste e domina il mercato e la cosa importante non è il prodotto finito (hardware prodotto), ma le attività immateriali, le informazioni riguardanti la progettazione dell'hardware, che si apre al pubblico utilizzo. Inoltre, come si è visto in precedenza nell'hardware libero non si possono applicare direttamente le quattro libertà del software libero, data la sua natura diversa, uno ha una esistenza fisica, materiale, l'altro no. Pertanto, un progetto fisico è unico e la condivisione dipende dalla facilità di riproduzione.
Esiste anche una dipendenza tecnologica dai componenti importati, che può essere tradotta come: "I chip sono disponibili?"
Questo è un modello di esclusione imposto e a volte non è possibile realizzare l'hardware a causa delle implicazioni nella creazione di tutte le infrastrutture necessarie. Chi vuole ricreare l'hardware che un'altra persona ha progettato, si deve fare acquistare i componenti necessari e ricostruire lo schema. Tutto questo ha un costo. Di conseguenza poche aziende sono in possesso di queste conoscenze e le conservano gelosamente in modo che le persone rimangano mere consumatrici del prodotto.
Questo è un modello di esclusione imposto e a volte non è possibile realizzare l'hardware a causa delle implicazioni nella creazione di tutte le infrastrutture necessarie. Chi vuole ricreare l'hardware progettato da altri, deve procurarsi i componenti necessari e ricostruire lo schema. Tutto questo ha un costo. Di conseguenza poche aziende sono in possesso di queste conoscenze e le conservano gelosamente, in modo che le persone rimangano mere consumatrici del prodotto.
### Modelli di produzione differenziati
Abbiamo osservato due modelli convenzionali di produzione/distribuzione. Da un lato, il modello di produzione centralizzato con lo stesso prodotto disponibile in molti luoghi, con prezzo maggiorato per chi lo compra. Dall'altra parte, un sistema di produzione distribuito basato su un numero di piccoli gruppi indipendenti che producono lo stesso progetto distribuito localmente. Per diventare sostenibile in entrambi i modelli, le iniziative di hardware libero hanno bisogno di piattaforme che mettano insieme e facilitino il contatto tra i mezzi di produzione e coloro che desiderano usarli.
Per quanto riguarda il modello di produzione distribuita, vediamo che al momento non ci sono molte comunità che cercano di sviluppare hardware libero alternativo senza obiettivi capitalistici. Questi gruppi di solito dovrebbero cercare di creare autonomia, facilitando l'accesso a chiunque ed invertire gli effetti sociali, ambientali e politici avversi legati alla produzione di hardware proprietario.
Abbiamo osservato due modelli convenzionali di produzione/distribuzione. Da un lato, il modello di produzione centralizzato con lo stesso prodotto disponibile in molti luoghi, con prezzo maggiorato per chi lo compra. Dall'altra parte, un sistema di produzione distribuito basato su un numero di piccoli gruppi indipendenti che producono lo stesso progetto distribuito localmente. Per diventare sostenibili, in entrambi i modelli, le iniziative di hardware libero necessitano di piattaforme per facilitare l'incontro tra i mezzi di produzione e coloro che desiderano usarli.
Per quanto riguarda il modello distribuito, al momento non ci sono molte comunità che cercano di sviluppare hardware libero alternativo senza obiettivi capitalistici. Questi gruppi dovrebbero cercare di creare autonomia, facilitando l'accesso a chiunque, per invertire gli effetti sociali, ambientali e politici negativi legati alla produzione di hardware proprietario.
Per esempio, ci sono vari incontri promossi dai movimenti sociali, come Hackmeeting [^41], Hardmeeting [^42], HacktheEarth [^43], Extrud_me [^44], o anche come la Conferenza OSHW [^45], la Chaos Computer Conference [^46] o incontri Dorkbot dove si possono trovare le persone che sviluppano progetti di hardware libero. Il progetto OSWASH [^47] (Lavatrici Open Source) rappresenta perfettamente quello che noi definiamo come ricerca e sviluppo di tecnologie appropriate per i quali l'unico hardware che abbia un senso è liberato, è stato ri-appropriato ovvero ripreso da licenze proprietario ed è tornato ad essere aperto.
In Spagna esistono posti a livello statale come Medialab Prado [^48], La Laboral [^49] o Hangar [^50], spesso concentrati sullo sviluppo di hardware libero. Così a Hangar (Barcellona), troviamo BeFaco [^51], che sviluppa strumenti per suonare con hardware libero e FABoratory [^52], specializzato nella produzione di stampanti 3d. In Calafou, possiamo trovare la HardLab Petchblenda [^53] un laboratorio di suoni, elettronica e biohacking dal punto di vista transfemminista. Infine la XarxaCTiT [^54] (Network of Science, Engineering and Technology) della Cooperativa Integral Catalana [^55] sta sviluppando una piattaforma per lo scambio di conoscenze ed esigenze a livello locale, promuovendo una rete di partner, tra chi produce e chi consuma hardware libero e tecnologie riappropriate.
Per esempio, ci sono vari incontri promossi dai movimenti sociali, come Hackmeeting [^41], Hardmeeting [^42], HacktheEarth [^43], Extrud_me [^44], o anche come la Conferenza OSHW [^45], la Chaos Computer Conference [^46] o incontri Dorkbot dove incontrare le persone che sviluppano hardware libero. Il progetto OSWASH [^47] (Lavatrici Open Source) rappresenta perfettamente quello che intediamo per ricerca e sviluppo di tecnologie utili, per le quali l'unico hardware sensato è libero: frutto di una riappropriazione da licenze proprietarie, e tornato ad essere aperto.
In Spagna esistono luoghi pseudo istituzionali come Medialab Prado [^48], La Laboral [^49] o Hangar [^50], spesso concentrati sullo sviluppo di hardware libero.Ad Hangar (Barcellona), troviamo BeFaco [^51], che sviluppa strumenti per suonare con hardware libero e FABoratory [^52], specializzato nella produzione di stampanti 3d. In Calafou, c'è la HardLab Petchblenda [^53] un laboratorio di suoni, elettronica e biohacking, visto dall'ottica transfemminista. Infine la XarxaCTiT [^54] (Network of Science, Engineering and Technology) della Cooperativa Integral Catalana [^55] sta sviluppando una piattaforma per lo scambio di conoscenze ed esigenze a livello locale, promuovendo una rete che coinvolga chi produce e chi consuma hardware libero e tecnologie liberate.
In una visione diametralmente opposta e concentrandosi su una strategia globale, mentre non esiste un completo ecosistema di produzione distribuita, Chris Anderson [^56] suggerisce la produzione di progetti open hardware in Cina utilizzando Alibaba.com [^57]. Questa società creata nel 1999, è diventata una società da 12 miliardi di dollari con 45 milioni di utenti registrati e 1,1 milioni di dipendenti. La produzione in Cina è un fenomeno noto come Shanzai. In origine questo termine, definiva "banditi che si sono ribellati all'autorità e impegnati in atti che per loro sono visti come giustificati."
Il movimento Shanzai nel 2009 ha rappresentato il 20% dei telefoni cellulari venduti in Cina, e il 10% dei telefoni venduti nel mondo. Tra chi produce c'è chi ha tale successo che preferisce promuovere i propri marchi, piuttosto che produrre prodotti di "pirateria". La cosa interessante di queste aziende è che "piratare" prodotti di marca ha creato una cultura di condivisione delle informazioni su questi prodotti e ha generato materiale di design aperto, dandosi credito reciprocamente in quanto ne hanno apportato miglioramenti. E' la comunità che ha auto-formulato questa politica ed esclude quelli che non la seguono. Lo Shanzai capisce e risponde alle esigenze e ai gusti locali, stabilendo e mantenenendo basi di produzione locale e della distribuzione, chiamate fabbriche locali. Tuttavia le condizioni di lavoro, in particolare nella creazione di componenti elettrici, sono deplorevoli e rappresentano un rischio per il fisico e la salute [^58] e non possono essere votati a cercare la giustizia sociale per i propri lavoratori. La Open Source Hardware Work Licence (ancora da scrivere) dovrebbe integrare come un requisito fondamentale le condizioni rispettose del lavoro delle persone, la loro libertà e il loro ambiente.
In una visione diametralmente opposta e concentrandosi su una strategia globale, mentre non esiste un completo ecosistema di produzione distribuita, Chris Anderson [^56] suggerisce la produzione di progetti open hardware in Cina utilizzando Alibaba.com [^57]. Questa società creata nel 1999, è diventata una società da 12 miliardi di dollari con 45 milioni di utenti registrati e 1,1 milioni di dipendenti. La produzione in Cina è un fenomeno noto come Shanzai. In origine questo termine, definiva "banditi che si sono ribellati all'autorità e impegnati in atti per loro pienamente legittimi."
Il movimento Shanzai nel 2009 produceva il 20% dei telefoni cellulari venduti in Cina, e il 10% a livello mondiale. Tra i produttori c'è chi ha tale successo da preferire promuovere i propri marchi, piuttosto di contraffare quelli altrui. La cosa interessante di queste aziende è che "piratare" prodotti di marca ha creato una cultura di condivisione delle informazioni, volte alla promozione di design aperti, migliorando i prodotti esitenti. E' la comunità stessa che ha formulato questa politica, e esclude quelli che non la seguono. Lo Shanzai capisce e risponde alle esigenze e ai gusti locali, stabilendo e mantenenendo basi di produzione e distribuzione locali, chiamate per l'appunto fabbriche locali. Tuttavia le condizioni di lavoro, in particolare nella creazione di componenti elettrici, sono deplorevoli e rappresentano un rischio per il fisico e la salute [^58] e certo non rivolte alla ricerca di giustizia sociale per i propri lavoratori. La Open Source Hardware Work Licence (ancora da scrivere) dovrebbe integrare come un requisito fondamentale le condizioni rispettose del lavoro delle persone, la loro libertà e il loro ambiente.
### Conclusioni
Utilizzare e creare hardware libero protegge e difende la sovranità tecnologica perché permette l'indipendenza tecnologica alle persone, evitando ogni dipenza da un altro fornitore di risorse per il proprio sviluppo. Il riutilizzo e l'adattamento dei progetti può innovare e migliorare, ridurre i costi e tempi di progettazione, facilitare il trasferimento di conoscenze e prevenire l'analfabetismo digitale per motivi economici.
Le persone possono smettere di essere semplici consumatrici tecnologiche, consentendo loro di sapere come funziona, come mantenere e riparare la tecnologia di cui hanno bisogno. Utilizzare e creare hardware libero coinvolge e genera più ricchezza rispetto all'utilizzo di altro hardware, anche se spesso si deve prima passare attraverso un paio di delusioni durante l'apprendimento.
Al di là della propria convinzione politica, la libertà rappresenta la possibilità, la capacità di imparare a costruire il proprio mondo, che non ci aliena da noi stesse e ci allontana invece dal partecipare alla struttura capitalistica.
Ció che è appropriato o inappropriato non è un attributo della tecnologia stessa.
Il tuo giudizio è il risultato della valutazione delle sue caratteristiche in relazione alla:
* (1) organizzazione dello Stato della produzione e del sistema economico;
* (2) i livelli e la distribuzione del reddito, e
* (3) lo stato di sviluppo del sistema della tecnologia in uso.
Utilizzare e creare hardware libero difende e promuove la sovranità tecnologica perché permette l'indipendenza tecnologica delle persone, evitando di dipendere da altri fornitori di risorse per lo sviluppo. Il riutilizzo e l'adattamento dei progetti può innovare e migliorare, ridurre i costi e tempi di progettazione, facilitare il trasferimento di conoscenze e prevenire l'analfabetismo digitale casuato da motivi economici.
Le persone possono smettere di essere semplici consumatrici tecnologiche, essendo libere di conoscere il funzionamento, la manutenzione e la riparazione degli oggetti tecnologici di cui hanno bisogno. Utilizzare e creare hardware libero coinvolge e genera maggiore ricchezza rispetto ad altri paradigmi produttivi, anche se la curva di apprendimento può comportare qualche delusione iniziale.
Al di là delle proprie convinzioni politiche, libertà significa possibilità, capacità di imparare a costruire il proprio mondo, senza alienarci e prendere parte alle strutture del capitale.
Ció che è appropriato o inappropriato non è un attributo della tecnologia stessa. Il tuo giudizio sarà influenzato da:
* (1) l'organizzazione della produzione e del sistema economico
* (2) i livelli e la distribuzione del reddito
* (3) lo stato di sviluppo del sistema della tecnologia in uso
*
Analizziamo cosa può significare in una società la desertificazione attraverso la tecnologia: l'obsolescenza programmata, la dipendenza tecnologica e l'introduzione di tecnologie inappropriate. La sua devastazione e poi rinascita sono quasi impossibile se rimangono all'interno delle catene pesanti del sistema capitalista.
Pensiamo all'equivalmente della desertificazione, ma attraverso la tecnologia: l'obsolescenza programmata, la dipendenza tecnologica e l'introduzione di strumenti inappropriati. La distruzione e ricostruzione su altre basi di questo sistema, sono quasi impossibili se si rimane incatenate al sistema capitalista.
Poichè il mondo dell'hardware libero è molto complesso, e gli obblighi e gli abusi che ci sono attraverso lo sviluppo tecnologico non sembrano rispettare le libertà, sono attratta dalla riappropriazione delle tecnologie.
Queste sono quelle che meglio rispondono alle situazioni ambientali, culturali ed economiche. Esse richiedono poche risorse, significano costi minori e basso impatto ambientale. Abbiamo bisogno di una vera e propria reindustrializzazione, che includa le nostre tecnologie, le tecniche e la tecnologia di tutti i giorni così come le nostre tradizioni ancestrali, che di per sé già hanno una base ambientale, sostenibile e olistica. Tecnologia riappropriata dal cieco progresso, dall'analfabetismo e dall'alienazione, dalla scienza inamovibile, dagli interessi del potere; riappropriata perché decentrata, organica, trasmutabile.
Il mondo dell'hardware libero è molto complesso, le restrizioni e gli abusi insiti nello sviluppo tecnologico non sembrano rispettare la libertà: per questo sono attratta dall'idea di riappropriazione delle tecnologie.
Quest'ultime devono rispondere meglio alle situazioni ambientali, culturali ed economiche. Richiedere poche risorse, costi minori e basso impatto ambientale. Abbiamo bisogno di una vera e propria reindustrializzazione, che comprenda le nostre tecnologie, le tecniche e gli strumenti di uso comune fino alle tradizioni più ancestrali, che di per sé già hanno una base ambientale, sostenibile e olistica. Tecnologia strappata al cieco progresso, all'analfabetismo e alienazione, alla scienza inamovibile, agli interessi del potere; frutto di una riappropiazione perché decentrata, organica, trasmutabile.
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