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Mentre scrivo, l'elettricità che alimenta il mio computer Frankenstein, mille volte operato e resuscitato, si sta interrompendo e il piccolo SAI lancia dei fischi. Tutto questo contribuisce alla mia sensazione di vivere in una nave spaziale e mi ricorda di quanto possano risultare precarie le nostre infrastrutture. Come notava Eleanor Saitta [^1], è probabile che saranno esse stesse a portarci alla rovina, o addirittura a ucciderci.
La mancanza di pianificazione e di resilienza sono causate da una manutenzione sempre più precaria delle infrastrutture “pubbliche”. Giochi politici decisi da persone le cui vite risultano molto più corte di quelle delle infrastrutture che gestiscono. Pressioni e traffici di influenze per essere rieletti e cariche date sulla fiducia. Corruzione sistematica. La distanza delle istituzioni dalla cittadinanza, il pubblico privatizzato, i beni comuni vandalizzati e saccheggiati. Intanto le infrastrutture tecnologiche, sociali e politiche sulle quali si mantengono i nostri stili di vita sono sempre più complesse. Forse proprio per queste ragioni, chi gestisce la cibernetica del controllo di queste infrastrutture sembra incapace di comprenderne il funzionamento e capire quando si romperanno le dighe di New Orleans, la rete elettrica cadrà in black-out epici, le centrali nucleari saranno infettate per colpa di Stuxnet, [^2] o il sistema finanziario globale collasserà rovinosamente.
La mancanza di pianificazione e di resilienza sono causate da una manutenzione sempre più precaria delle infrastrutture “pubbliche”. Giochi politici decisi da persone le cui vite risultano molto più corte di quelle delle infrastrutture che gestiscono. Pressioni e traffici di influenze per essere rieletti e cariche date sulla fiducia. Corruzione sistematica. La distanza delle istituzioni dalla cittadinanza, il pubblico privatizzato, i beni comuni vandalizzati e saccheggiati. Intanto le infrastrutture tecnologiche, sociali e politiche sulle quali si mantengono i nostri stili di vita sono sempre più complesse. Forse proprio per queste ragioni, chi gestisce le tecnolgie per il controllo di queste infrastrutture sembra incapace di comprenderne il funzionamento e prevedere quando si romperanno le dighe di New Orleans, la rete elettrica cadrà in black-out epici, le centrali nucleari saranno infettate per colpa di Stuxnet, [^2] o il sistema finanziario globale collasserà rovinosamente.
Nella mia comunità, il mio posto in questo mondo in cambiamento, le cose saltano per aria ogni due per tre. A volte lelettricità smette di fare luce, il progetto di gestione integrale dellacqua si blocca, il fattore umano gioca a demolire la nostra tanto agognata stabilità. Ci sono grandi somiglianze tra quello che cerchiamo di conseguire in maniera autogestita con le nostre infrastrutture di base (acqua, elettricità, bagni, cucina e internet) e quello che succede in molti altri luoghi semi-urbanizzati in questo gigante “planet of slums” [^3] in cui si sta trasformando il pianeta. Oscilliamo tra il consumo ridicolo e insostenibile di risorse naturali e tecnologiche e la costruzione di una società basata sulla decrescita, i beni comuni e la giustizia sociale. Un cambiamento che va affrontato con molte sfide ogni volta: sviluppare e mantenere le infrastrutture, dotare le istituzioni del bene comune della sostenibilità, ripensare le norme sociali e come le mettiamo insieme tra di noi.
Nella mia comunità, il mio posto in questo mondo in cambiamento, le cose saltano per aria di continuo. A volte lelettricità smette di fare luce, il progetto di gestione integrale dellacqua si blocca, il fattore umano gioca a demolire la nostra tanto agognata stabilità. Ci sono grandi somiglianze tra quello che cerchiamo di conseguire in maniera autogestita con le nostre infrastrutture di base (acqua, elettricità, bagni, cucina e internet) e quello che succede in molti altri luoghi semi-urbanizzati in questo gigantesco “planet of slums” [^3] in cui si sta trasformando il pianeta. Oscilliamo tra il consumo ridicolo e insostenibile di risorse naturali e tecnologiche e la costruzione di una società basata sulla decrescita, i beni comuni e la giustizia sociale. Una trasformazione che necessita di affrontare contemporaneamente molte sfide: sviluppare e mantenere le infrastrutture, rivederle in termini di bene comune e sostenibilità, ripensare le norme sociali e come le mettiamo in pratica tra di noi.
Forse questo dossier non darà soluzioni a temi cosí ampi, ma suggerisce modi alternativi di intendere le questioni tecnologiche. Fa parte della ricostruzione delle cose a modo nostro, dato che, come osservava Gibson, “la strada trova sempre i propri usi delle cose” [^4]. La sovranità tecnologica ci fa tornare al contributo che diamo allo sviluppo delle tecnologie, riscattando i nostri immaginari radicali, recuperando la nostra storia e memoria collettiva, ri-situandoci per poter sognare e desiderare insieme la costruzione, qui e ora, delle *nostre* infrastrutture di informazione, comunicazione ed espressione.

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***Patrice Riemens***
Tutte ormai abbiamo capito, dopo “Snowden” e le sue rivelazioni, che il nostro caro “cyberspazio” non è gestito da chi lo usa. E questo, sfortunatamente, da molto tempo, al punto che oggi si tratta di una zona molto vigilata e rischiosa. Lutente, apparentemente libera nei suoi movimenti e dotata di innumerevoli facilitazioni -spesso fornite “gratuitamente”- si è convertita di fatto in un soggetto prigioniero che è, allo stesso tempo, ostaggio, cavia da laboratorio e sospettato.
Tutte ormai abbiamo capito, dopo “Snowden” e le sue rivelazioni, che il nostro caro “cyberspazio” non è gestito da chi lo usa. E questo, sfortunatamente, da molto tempo, al punto che oggi appare un luogo altamente sorvegliato e rischioso. Lutente, apparentemente libera nei movimenti e dotata di innumerevoli facilitazioni -spesso fornite “gratuitamente”- si è convertita di fatto in un soggetto prigioniero che è, allo stesso tempo, ostaggio, cavia da laboratorio e sospettato.
Il dominio su Internet dei poteri statali o commerciali, o, molto spesso, una combinazione dei due, sembra totale, ed effettivamente lo è dove i vettori e le piattaforme sono “proprietarie”, cioè quando sono in possesso di certi attori che possono mettere in prima linea i propri interessi, frequentemente a costo degli interessi delle loro utenti. Mentre limpatto che Internet ha sulle nostre vite si fa sempre più forte[^1], una presa di coscienza a proposito del come e, soprattutto, del per chi funziona, è sempre più urgente.
Il dominio su Internet dei poteri statali o commerciali, o, molto spesso, una combinazione dei due, sembra totale, ed effettivamente lo è dove i vettori e le piattaforme sono “proprietarie”, cioè quando sono in possesso di certi attori che possono mettere in prima linea i propri interessi, frequentemente a costo degli interessi delle loro utenti. Mentre limpatto che Internet ha sulle nostre vite si fa sempre più forte[^1], una presa di coscienza sul come funziona tutto questo e, soprattutto, nell'interesse di chi, è sempre più urgente.
Fortunatamente, questa presa di coscienza esiste ed è iniziata molto prima della diffusione di Internet. Tuttavia, i suoi effetti rimangono limitati, perché per ora interessano solo un numero relativamente ristretto di persone e gruppi; e anche perché si scontrano con forti offensive da parte di alcuni dei poteri stabiliti più potenti. Suo portabandiera è il software libero, e i suoi numerosi derivati. Non solo come tecnica, ma anche soprattutto per lideale che rappresenta: presa di coscienza, presa con le proprie mani -autonomia e sovranità. Perché attenzione, non tutto è tecnologia e la tecnologia non è tutto.
Fortunatamente, questa presa di coscienza esiste ed è iniziata molto prima della diffusione di Internet. Tuttavia, gli effetti rimangono limitati, perché per ora interessano solo un numero relativamente ristretto di persone e gruppi; e anche perché si scontrano con decise offensive da parte dei poteri forti. Il portabandiera di questo processo è il software libero, e i suoi numerosi derivati. Non solo tecnicamente, ma soprattutto per lideale che rappresenta: consapevolezza, volonta' di riprendere in mano il proprio destino, autonomia e sovranità. Perché attenzione, non tutto è tecnologia e la tecnologia non è tutto.
È necessario percepire la sovranità tecnologica in un contesto più esteso della tecnologia informatica, o più inclusivo rispetto la sola tecnologia informatica. Ignorare la congiuntura di crisi ambientali, politiche, economiche e sociali intersecate luna nellaltra[^2], o cercare di risolverle in forma isolata o nella loro sola congiunzione tecnologica sono opzioni ugualmente perverse. Sembra ormai cristallino che la sola sovranità tecnologica non cambierà il nostro inesorabile cammino… contro un muro.
È necessario inserire la sovranità tecnologica in un contesto più esteso e più inclusivo dell'informatica. Ignorare l'intersezione di crisi ambientali, politiche, economiche e sociali[^2], o cercare di risolverle in forma isolata considerando solontanto la componente tecnologica, sono opzioni ugualmente perverse. E' chiaro che la sola sovranità tecnologica non cambierà il nostro inesorabile cammino… contro un muro.
È impossibile continuare con la via della crescita su tutti i livelli, così come è stata seguita fino a ora. Una fermata in più è necessaria, forse anche una decrescita volontaria. In ogni caso succederà lo stesso, e in condizioni sicuramente meno piacevoli. Inoltre, da questa prospettiva, dovremmo considerare le differenti soluzioni proposte per (ri)conquistare questa autonomia individuale e collettiva che abbiamo perso ampliamente o, ancora peggio, delegata a beneficio di attori economici e politici che vogliono farci credere che pensano solo ai nostri interessi e che le loro intenzioni sono benevole, oneste e legittime.
Sfortunatamente le Tecnologie di Informazione e Comunicazione (TIC) e i suoi sviluppatori -perché sono ancora per la maggioranza uomini- hanno la tendenza a lavorare isolati, senza tenere conto della loro dipendenza con la moltitudine di relazioni umane e risorse naturali che compongono il mondo e la società. “Dobbiamo reinventare la rete”, ha dichiarato Tim Pritlove, animatore del trentesimo Congresso del Chaos Computer Club, nel suo discorso di apertura [^3] nel 2013. Per aggiungere davanti a una moltitudine di attivisti e hacker entusiasti: "*e siete voi coloro che possono farlo*". Ha ragione su due fronti, ma soffermarsi qui potrebbe anche significare la credenza in una “supremazia dei nerd” [^4] che metteranno tutto a posto tramite soluzioni puramente tecnologiche.
È impossibile continuare sull'attuale strada della crescita infinita. Occorre fermarsi, forse anche mettere in pratica una decrescita volontaria. In ogni caso accadrà lo stesso, e in condizioni sicuramente meno piacevoli. Da questa prospettiva dovremmo inoltre vagliare le differenti soluzioni proposte per (ri)conquistare questa autonomia individuale e collettiva per gran parte smarrita. O, peggio ancora, delegata a poteri economici e politici che vogliono farci credere di agire nel nostro interesse con intenzioni benevole, oneste e legittime.
Non cè alcun dubbio sul fatto che sia diventato essenziale ricomporre la rete dalla base affinché serva agli interessi comuni, e non solo agli interessi di gruppi esclusivi e oppressori. Quindi, sì al reinventarsi, ma non a prescindere. Perché è necessario andare più in là di soluzioni del tipo “technological fix” (“pezze tenologiche”) che si limitano ad attaccare gli effetti senza toccare le cause. Un approccio dialettico -e dialogico- è necessario per sviluppare una base comunitaria e partecipativa, le tecnologie che permettono, a chi le usa, di liberarsi dalla loro dipendenza dai provider commerciali, e dal monitoraggio poliziesco generalizzato da parte dei poteri statali annebbiati dal loro desiderio di vigilare e castigare. Ma quindi, in cosa consiste questa sovranità tecnologica desiderata e che vogliamo costruire?
Sfortunatamente le TIC (Tecnologie di Informazione e Comunicazione) e i suoi sviluppatori -perché sono ancora per la maggioranza uomini- hanno la tendenza a svolgere il proprio compito isolati, senza considerare la fitta trama di relazioni umane e risorse naturali, che compongono il mondo e la società. “Dobbiamo reinventare la rete”, ha dichiarato Tim Pritlove, animatore del trentesimo Congresso del Chaos Computer Club, nel proprio discorso di apertura [^3] nel 2013. Per aggiungere davanti a una gremita platea di attivisti e hacker entusiasti: "*e siete voi coloro che possono farlo*". Ha ragione su entrambi i fronti, ma limitarsi a questo potrebbe alimentare l'illusione di una “supremazia dei nerd” [^4], in grado di mettere tutto a posto con soluzioni puramente tecniche.
Unopzione è quella di iniziare il nostro approccio partendo dalla sovranità che si manifesta nella nostra sfera di vita personale, in rispetto ai poteri che provano a dominarci. Un principio di sovranità potrebbe essere interpretato per esempio come “il diritto a essere lasciate tranquille [^5]". Senza dubbio, sappiamo che questo diritto si vede sempre calpestato nel campo delle (“nuove”) tecnologie dinformazione e di comunicazione.
Questo dossier prova a stabilire una valutazione della situazione relativa alle iniziative, ai metodi e ai mezzi non-proprietari e preferibilmente autogestiti che possono salvaguardare al meglio la nostra “sfera di vita”. Server autonomi, reti decentralizzate, crittografia, peer to peer, monete alternative virtuali, la condivisione del sapere, luoghi di incontro e lavoro cooperativo, si costituiscono come un gran ventaglio di iniziative già in marcia verso la sovranità tecnologica. Si osserva che lefficacia di queste alternative dipende in gran misura dalla loro pratica (e pratiche) e queste dovrebbero essere attraversate dalle seguenti dimensioni:
Non cè alcun dubbio che sia diventato essenziale ricomporre la rete dalla base affinché serva agli interessi comuni, e non ai profitti di gruppi opprimentemente esclusivi. Quindi, è giusto reinventarsi, ma non in maniera fine a se' stessa. Perché è necessario andare più in là di soluzioni del tipo “technological fix” (“pezze tenologiche”) in grado di curare gli effetti, senza toccare le cause. Un approccio dialettico -e dialogico- è necessario per sviluppare una base comunitaria e partecipativa, realizzare tecnologie che permettano di liberare gli utenti dalla dipendenza rispetto ai provider commerciali, dal controllo poliziesco generalizzato da parte dei poteri statali, annebbiati dal loro desiderio di sorvegliare e punire. Ma quindi, in cosa consiste questa sovranità tecnologica che desideriamo e vogliamo costruire?
**Temporalità**
Unopzione potrebbe essere approcciarvisi a partire dalla nostra sfera personale, in relazione alla dinamiche di potere che siamo costrette a subire. Un principio di sovranità potrebbe essere interpretato come “il diritto a essere lasciate tranquille [^5]". Diritto sempre calpestato nel campo delle (“nuove”) tecnologie dinformazione e di comunicazione.
“Prendersi il tempo” è essenziale. Dobbiamo liberarci del sempre di più, sempre più rapido: il canto delle sirene della tecnologia commerciale. Accettare che le tecnologie “sovrane” siano più lente e offrano meno prestazioni, ma non per questo ci sará una perdita del nostro piacere.
Questo dossier proverà ad analizzare lo stato delle iniziative, i metodi, gli strumenti non-proprietari, preferibilmente autogestiti, in grado di proteggere la nostra “sfera di vita”. Server autonomi, reti decentralizzate, crittografia, peer to peer, monete alternative virtuali, la condivisione del sapere, luoghi di incontro e lavoro cooperativo, costituiscono un ventaglio di iniziative già in marcia verso la sovranità tecnologica. Lefficacia di queste alternative dipende in gran misura dalla loro pratica (e pratiche), le quali necessitano di alcuni attributi:
**Tempo**
“Prendersi il tempo” è essenziale. Dobbiamo liberarci dal sempre di più, sempre più rapido: il canto delle sirene della tecnologia commerciale. Accettare che le tecnologie “sovrane” siano più lente e offrano meno prestazioni, non per questo causa di un utilizzo meno piacevole.
**Nostre**
Le tecnologie “sovrane” dovranno essere aperte, partecipative, egualitarie, comunitarie e cooperative, o non saranno.
Sviluppare meccanismi di governo orizzontale coinvolgendo spesso gruppi molto differenti. La separazione, le gerarchie (spesso presentate come “meritocrazia”) e lindividualismo egoista le uccidono. La distinzione tra “esperte” e “utenti” deve sparire nella misura del possibile.
Le tecnologie “sovrane” dovranno essere aperte, partecipative, egualitarie, comunitarie e cooperative, o non saranno. Dovranno sviluppare meccanismi di governo orizzontale coinvolgendo gruppi molto differenti. La separazione, le gerarchie (spesso presentate come “meritocrazia”) e lindividualismo egoista le uccidono. La distinzione tra “esperte” e “utenti” dovrà per quanto possibile scomparire.
**Responsabilità**
La realizzazione della sovranità esige molto da parte di coloro che si affiliano ad essa. Sviluppando e dispiegando i suoi strumenti, ogni membro del collettivo deve prendere le sue responsabilità. È necessario applicare la famosa norma:
“Chi fa cosa? Dove? Quando? Come? Quanto? E Perché?” con lobbligo di rispondere in ogni momento a tutte queste domande.
La realizzazione della sovranità esige molto da chi l'abbraccia. Mettendo a disposizione conoscenze e i propri strumenti, ogni membro della collettività dovrà responsabilizzarsi. È necessario applicare il noto schema: “Chi fa cosa? Dove? Quando? Come? Quanto? E Perché?”, con lobbligo di rispondere in ogni momento a tutte queste domande.
**Uneconomia basata sullo scambio**
Il principio del “se è gratuito, allora tu sei il prodotto” caratterizza i servizi *regalati* dai pesi massimi di Internet. Le iniziative cittadine si vedono, abitualmente, spinte verso “leconomia del dono”, sotto forme di volontariato più o meno forzate. Bisognerà incontrare quindi nuovi modelli che paghino, in maniera onesta, le “lavoratrici dellimmateriale” facendo pagare il giusto prezzo alle utenti.
Il principio del “se è gratuito, allora tu sei il prodotto” caratterizza i servizi *regalati* dai pesi massimi di Internet. La logica del "bravo cittadino" si rifa' di solito ad un “economia del dono”, con forme di volontariato più o meno forzate. Bisognerà produrre quindi nuovi modelli che paghino, in maniera onesta, le “lavoratrici dellimmateriale”, offrendo il giusto prezzo alle utenti.
**Ecologia e ambiente**
Una tecnologia di sovranità è, evidentemente, rispettosa dellambiente e riduce al massimo le risorse poco sostenibili e non rinnovabili. Poche persone si accorgono di quanto linformatica divori energia e materie prime diverse, e le condizioni, spesso deplorevoli, in cui queste ultime sono estratte o in cui vengono assemblate.
La sovranità applicata alla tecnologia dovrà essere rispettosa dellambiente e ridurre al massimo le risorse poco sostenibili e non rinnovabili. Poche persone si accorgono di quanto linformatica divori energia e materie prime diverse, e le condizioni, spesso deplorevoli, in cui queste ultime sono estratte o in cui vengono assemblate.
Seguendo questo percorso capiremo che esistono numerosi limiti contro i quali le tecnologie sovrane devono combattere, e che non esiste un cammino dorato per arrivare ad esse. E anche se ci arrivassimo, potrebbe non essere lutopia. Questo, senza dubbio, non è un invito ad abbassare le braccia: al contrario. La modestia e la lucidità, unite alla riflessione, muovono montagne. Siete voi, care lettrici e cari lettori, che dovete iniziare a muovere le vostre braccia per definire il vostro contributo ed essere coinvolte senza ingenuità e senza paura. E chi può dirlo, se sarà con un entusiasmo indistruttibile e contagioso.
Praticando la sovranità ci renderemo conto dell'esistenza di numerosi limiti e problemi contro i quali dovremo combattere: non esiste una strada dorata da percorrere. E pur giunte alla meta, potrebbe non essere lutopia. Non è chiaramente un invito ad abbandonare: al contrario. La modestia e la lucidità, unite alla riflessione, muovono montagne. Siete voi, care lettrici e cari lettori, che dovete iniziare a muovervi per contribuire e essere coinvolte, senza illusioni e senza paura. E chi può dirlo... magari sarà con un entusiasmo indistruttibile e contagioso.
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***Alex Haché***
Mi sono avvicinata al tema della Sovranità Tecnologica a partire da una intervista con Margarita Padilla che ribaltò la mia concezione della tecnopolitica e delle motivazioni e delle aspirazioni dietro il suo sviluppo. Questo testo definisce ciò che intendo come ST, descrive alcuni punti comuni delle iniziative che contribuiscono al suo sviluppo e riflette sulla sua importanza, sempre più centrale nella battaglia che si sta combattendo contro la mercificazione, la vigilanza globale e la banalizzazione delle infrastrutture di comunicazione. Presenta anche alcuni limiti e sfide che queste alternative devono affrontare per la loro natura e i loro obiettivi tecnopolitici particolari.
Mi sono avvicinata al tema della Sovranità Tecnologica a partire da una intervista con Margarita Padilla che ribaltò la mia concezione della tecnopolitica, delle sue motivazioni e aspirazioni. Questo testo definisce ciò che intendo come ST, descrive alcuni punti comuni delle iniziative che ne contribuiscono allo sviluppo e riflette sulla centralità assunta nella battaglia in corso contro la mercificazione, la sorveglianza globale e l'impoverimento di senso delle infrastrutture di comunicazione. Presenta anche alcuni limiti e sfide che queste alternative devono affrontare per la loro natura e i peculiari obiettivi tecnopolitici.
Un primo elemento della problematica delineata dalla ST è la carenza di tecnologia libera. Come segnala Padilla: *"i progetti alternativi che sviluppiamo hanno bisogno di contributi, e c'è un divario perché allo stato attuale non abbiamo risorse libere per tutti gli esseri umani che usano mezzi telematici. Non ci sono mezzi liberi disponibili e in questo campo abbiamo perso la sovranità, totalmente. Stiamo usando strumenti 2.0 come se fossero Dio, come se fossero eterni, e non è così perché stanno in mano di imprese e queste, nel bene e nel male, possono cadere”*.[^1]
Ci domandiamo come puó essere possibile che nelle questioni relative agli strumenti che usiamo in forma sempre più onnipresente deleghiamo con tanta facilità la nostra identità elettronica, e il suo impatto nella nostra vita quotidiana, a imprese multinazionali, multimilionarie, incubi kafkiani: *"Non siamo capaci perché non diamo valore. In ambito alimentare succederebbe altrettanto, però li i gruppi di autoconsumo si autoorganizzano per avere i propri fornitori direttamente. Ma quindi: **perché la gente non si auto-organizza i propri fornitori tecnologici, comprando direttamente il supporto tecnologico di cui ha bisogno nella propria vita, come succede per le carote?”.**
Ci domandiamo come sia possibile che nelle questioni relative agli strumenti sempre più onnipresenti nel nostro quotidiano, si affidi con tanta facilità la nostra identità elettronica a imprese multinazionali, multimilionarie, incubi kafkiani: *"Non siamo capaci perché non diamo valore. In ambito alimentare succederebbe altrettanto, però li i gruppi di autoconsumo si autoorganizzano per avere i propri fornitori direttamente. Ma quindi: **perché la gente non si auto-organizza i propri fornitori tecnologici, comprando direttamente il supporto di cui ha bisogno nella propria vita, come succede per le carote?”.*
Per le persone il cui attivismo si radica nello sviluppo di tecnologia libera risulta (spesso) importante riuscire a convincere i propri amici, familiari, colleghi di lavoro, come i propri collettivi di appartenenza, dell'importanza di dare valore alle alternative libere.
Oltre il carattere altruista delle proprie azioni, devono anche ideare modi inclusivi, pedagogici e innovatori per convincere. Per esempio, nella precedente domanda sul valore che diamo a chi produce e mantiene la tecnologia di cui abbiamo bisogno, risulta molto utile l'analogia tra la Sovranità Tecnologica e la Sovranità Alimentare.
Per le persone il cui attivismo implica lo sviluppo di tecnologia libera risulta (spesso) importante riuscire a convincere i propri amici, familiari, colleghi di lavoro, come i propri collettivi di appartenenza, dell'importanza di dare valore alle alternative.
Oltre il carattere altruista delle proprie azioni, è necessario anche ideare modi inclusivi, pedagogici e innovativi per convincere. Per esempio, nella precedente domanda sul valore che diamo a chi produce e mantiene la tecnologia di cui abbiamo bisogno, risulta molto utile l'analogia tra la Sovranità Tecnologica e la Sovranità Alimentare.
La sovranità alimentare è un concetto introdotto nel 1996 da Via Campesina [^2] per il Vertice Mondiale dell'Alimentazione indetto dall'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO). Una formulazione posteriore (Mali, 2007) la definisce in questo modo:
*"La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed è anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. Questo pone coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti nel cuore dei sistemi e delle politiche alimentari e al di sopra delle esigenze dei mercati e delle imprese. La sovranitá alimentare difende gli interessi e lintegrazione delle generazioni future. Ci offre una strategia per resistere e smantellare il commercio neoliberale e il regime alimentare attuale. Offre degli orientamenti affinché i sistemi alimentari, agricoli, di pastori e di pesca siano gestiti dai produttori locali. La sovranità alimentare dà priorità alleconomia e ai mercati locali e nazionali, attribuendo il potere ai contadini, allagricoltura familiare, alla pesca e lallevamento tradizionali e colloca produzione, distribuzione e consumo di alimenti, sulla base di una sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La sovranità alimentare promuove un commercio trasparente che possa garantire un reddito dignitoso per tutti i popoli e il diritto per i consumatori di controllare la propria alimentazione e nutrizione. Essa garantisce che i diritti di accesso e gestione delle nostre terre, dei nostri territori, della nostra acqua, delle nostre sementi, del nostro bestiame e della biodiversità, siano nelle mani di coloro che producono gli alimenti. La sovranità alimentare implica delle nuove relazioni sociali libere da oppressioni e disuguaglianze fra uomini e donne, popoli, razze, classi sociali e generazioni."*[^3]
Partendo da questa prospettiva, risulta più facile rendere comprensibile la nozione di Sovranità Tecnologica. Si potrebbe quasi prendere questa dichiarazione e cambiare "alimentare" per "tecnologica" e "agricoltori e contadini" per " sviluppatori di tecnologie". Quindi, se l'idea si può raccontare, significa che si può calare nell'immaginario sociale producendo un effetto radicale e trasformatore. Un altro punto di partenza per pensare la ST si trova nel domandarci: che facoltà e voglia ci rimangono per sognare le nostre proprie tecnologie? E perché ci siamo dimenticati il ruolo fondamentale della società civile nel disegno di alcune delle tecnologie più importanti della nostra storia recente?
Partendo da questa prospettiva, risulta più facile rendere comprensibile la nozione di Sovranità Tecnologica. Si potrebbe quasi prendere questa dichiarazione e scambiare "alimentare" con "tecnologica" e "agricoltori e contadini" con " sviluppatori di tecnologie". Quindi, se l'idea si può raccontare, si può anche calare nell'immaginario sociale producendo un effetto radicale e foriero di cambiamento. Un altro punto di partenza per pensare la ST potrebbe essere domandarci: quanta capacità e voglia ci rimangono per sognare le nostre tecnologie? E perché ci siamo dimenticati il ruolo fondamentale della società civile nel disegno di alcune delle tecnologie più importanti della nostra storia recente?
Definiamo la società civile come l'insieme di cittadini e collettivi le cui azioni individuali e collettive non sono motivate come prima cosa dall'animo di lucro, ma che invece vogliono coprire desideri e necessità incoraggiando allo stesso tempo una trasformazione sociale e politica. Bisogna sottolineare che la società civile e le tecnologie per l'informazione e la comunicazione (ITC) formano un duo dinamico. Per poter arrestare certe contingenze proprie dei movimenti sociali come il paradosso dell'azione collettiva[^4], le strutture di opportunità politica sfavorevoli o la scarsa mobilitazione di fondi, la società civile sempre ha sviluppato usi tattici delle ITC e dei mezzi di comunicazione e di espressione in generale. Per esempio: fare campagne per visibilizzare lotte, azioni, alternative; raccogliere fondi e sviluppare meccanismi per coinvolgere volontari e partecipanti (ampliare la forza e la base sociale); documentare processi per generare memoria collettiva; facilitare il passaggio di conoscenze e aiutare nel permettere l'accesso di tutte all'informazione; migliorare l'amministrazione e l'organizzazione interna dei collettivi; stabilire canali di interazione, incoraggiando trasparenza e interazioni con istituzioni e altri agenti; provvedere servizi e soluzioni a usuarie finali, etc. Questi usi e sviluppi tattici delle tecnologia a volte si sovrappongono con dinamiche di innovazione sociale e intelligenza collettiva come possono essere le cooperative, le biblioteche pubbliche, i microredditi o i sistemi alternativi di scambio di mezzi.
Definiamo la società civile come l'insieme di cittadini e collettivi le cui azioni individuali e collettive non sono motivate dal lucro, ma intendono soddisfare desideri e necessità, incoraggiando allo stesso tempo una trasformazione sociale e politica. Bisogna sottolineare che la società civile e le tecnologie per l'informazione e la comunicazione (ITC) formano un duo dinamico. Per poter arrestare certe contingenze proprie dei movimenti sociali come il paradosso dell'azione collettiva[^4], la difficoltà di accesso alle strutture politiche o nel reperire fondi, la società civile ha sempre sviluppato utilizzi tattici delle ITC, dei mezzi di comunicazione e di espressione in generale. Per esempio: fare campagne per visibilizzare lotte, azioni, alternative; raccogliere fondi e sviluppare meccanismi per coinvolgere volontari e partecipanti (ampliare la forza e la base sociale); documentare processi per generare memoria collettiva; facilitare il passaggio di conoscenze e l'accesso all'informazione; migliorare l'amministrazione e l'organizzazione interna dei collettivi; stabilire canali di interazione, incoraggiandone la trasparenza; fornire servizi e soluzioni a utenti finali, etc. Questi usi e sviluppi tattici della tecnologia a volte si sovrappongono con dinamiche di innovazione sociale e intelligenza collettiva come possono essere le cooperative, le biblioteche pubbliche, i microredditi o i sistemi alternativi di scambio di strumenti.
Detto ciò, la società non si è mai limitata all'uso passivo di strumenti tecnologici sviluppati da altri, cioè, uomini bianchi, ricchi e a volte sociopatici chiamati Bill Gates, Steve Jobs o Marc Zuckergerb; ma ha sempre contribuito al disegno dei propri strumenti, promuovendo così la propria ST: le radio e televisioni comunitarie, il lancio in orbita del primo satellite non militare, il primo portale di pubblicazione aperta e anonima, la liberazione della crittografia, l'invenzione del software e delle licenze libere.
Detto ciò, la società non si è mai limitata all'uso passivo delle tecnologie sviluppate da altri, cioè, uomini bianchi, ricchi e a volte sociopatici chiamati Bill Gates, Steve Jobs o Marc Zuckergerb; ma ha sempre contribuito al disegno dei propri strumenti, promuovendo così la propria ST: le radio e televisioni comunitarie, il lancio in orbita del primo satellite non militare, il primo portale di pubblicazione aperta e anonima, la liberazione della crittografia, l'invenzione del software e delle licenze libere.
Ciò nonostante, tutto quello che facciamo oggi nel cyberspazio, con un cellulare o una carta di credito, con sempre più frequenza e persuasione, conforma la nostra identità elettronica e sociale. Questa quantità infinita di dati è il nostro grafico sociale la cui analisi rileva quasi tutto su di noi e sulle persone con cui interagiamo. Però non si sa ancora quanto ci manca per renderci conto dell'importanza di poter contare sui nostri fornitori di tecnologia libera: abbiamo bisogno di un'ecatombe tecnologica come la chiusura di Google e di tutti i suoi servizi? O sapere che Microsoft, Yahoo, Google, Facebook, YouTube, AOL, Skype e Apple sono in combutta con il Servizio Nazionale di Sicurezza americano per spiarci -il programma PRISM- è sufficiente per cambiare di abitudini? Quasi più preoccupanti risultarono le voci che si alzarono dopo la primavera araba chiedendo che Facebook e Twitter si considerassero "diritti umani", mobilizzando quei click-per-attivismo che ci si dimentica dopo qualche ora. I centri commerciali di Internet non possono trasformarsi in spazi pubblici, ne istituzioni del comune, già che la loro natura, architettura e ideologia non sono democratiche. Per fortuna, Facebook non sarà un diritto umano universale.
Nonostante questo, quanto facciamo nel cyberspazio, con un cellulare o una carta di credito, da forma sempre piu' spesso e con precisione alla nostra identità elettronica e sociale. Questa quantità infinita di dati viene detta grafico sociale, la cui analisi rileva quasi tutto su di noi e sulle persone con cui interagiamo. Non è però ancora chiaro quanto tempo sarà necessario per renderci conto dell'importanza di poter contare su tecnologie libere: abbiamo bisogno di un'ecatombe tecnologica come la chiusura di Google e di tutti i suoi servizi? O sapere che Microsoft, Yahoo, Google, Facebook, YouTube, AOL, Skype e Apple sono in combutta con l'NSA americana per spiarci -il programma PRISM- è sufficiente per cambiare le nostre abitudini? Quasi più preoccupanti risultarono le voci alzatesi in seguito alla primavera araba chiedendo che Facebook e Twitter si considerassero "diritti umani", esaltando quei click-per-attivismo, che ci si dimentica dopo qualche ora. I centri commerciali di Internet non possono trasformarsi in spazi pubblici, ne istituzioni del comune, poichè la loro natura, architettura e ideologia sono tutt'altro che democratiche. Per fortuna, Facebook non sarà un diritto umano universale.
Per contrastare queste dinamiche abbiamo bisogno di una moltitudine di iniziative, imprese, cooperative e collettivi informali che forniscano le tecnologie che ci mancano e il cui disegno ci garantisca che sono libere, sicure (che non permettano che ci spiano) e che non sono li per favorire la nostra individuazione o limitare le nostre libertà, ma per garantire i nostri diritti in ambito di espressione, cooperazione, privacy e anonimato. Se vogliamo che le tecnologie incorporino queste garanzie, dovremmo costruirle e/o dargli valore, contribuendo al loro sviluppo. Come scriveva il collettivo hacktivista Autistici/Inventati: *"Libertà e diritti? Tocca sudarli. Anche in rete"* [^5].
Per contrastare queste dinamiche necessitiamo di una miriade di iniziative, imprese, cooperative e collettivi informali in grado di fornire le tecnologie mancanti e la cui progettazioni garantisca l'utilizzo di licenze libere, sicurezza (non permettanno la sorveglianza), non favorisca la profilazione o limiti le nostre libertà. Tuteli invece i nostri diritti di espressione, cooperazione, privacy e anonimato. Se vogliamo che le tecnologie incorporino queste garanzie, dovremmo costruirle e/o dargli valore, contribuendo al loro sviluppo. Come scriveva il collettivo hacktivista Autistici/Inventati: *"Libertà e diritti? Tocca sudarli. Anche in rete"* [^5].
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