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2020-09-15 11:09:11 +02:00

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#+TITLE: Attenzione all'effetto Barbra Streisand
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Quel giorno una giovane donna era morta. Non sopportava più insulti e
prese in giro. La sua reputazione era stata distrutta. I social network
avevano trasformato la sua vita in un inferno. Come era giunta a quel
punto? Aveva girato alcuni brevi video /hard/ per vendicarsi di un
compagno che non si era mai lasciato sfuggire un'opportunità per
ingannarla. Aveva deciso di rivoltare quelle corna che giudicava
umilianti contro di lui, e di rendergli pan per focaccia.
Ma la cosa le era rapidamente sfuggita di mano. I video, inizialmente
pensati per un pubblico estremamente ristretto, erano finiti online e si
erano diffusi a macchia d'olio. Aveva tentato di tutto per fermare
quella proliferazione incontrollata: aveva contattato gli uffici legali
delle piattaforme su cui si poteva vedere il video, aveva presentato
reclami... Aveva persino traslocato. Nulla da fare.
Sfortunatamente, quella tragica storia non era la prima del suo genere.
Ce n'erano state altre e altre ce ne sarebbero state, se non fosse
intervenuta una vera e propria mutazione culturale. Eppure tutti
sembravano genuinamente indignati, ogni volta che una tragedia analoga
si verificava. Non importava se le vittime fossero o meno modelli di
virtù. La loro biografia e i dettagli del loro rapporto con i loro cari
non ci aiutano a capire le ragioni di quel fenomeno. I dettagli più
piccanti, morbosi o scabrosi erano forse la manna per alcuni giornali e
riviste dozzinali, alimentavano pesantemente la massa di robaccia sui
social network, ma non servivano per comprendere. Gli ingredienti di
questo osceno meccanismo erano spesso identici: il materiale sessuale,
gli stereotipi di genere e il famoso «effetto Barbra Streisand».
Come poteva un simile contenuto, soggetto a una condanna pubblica
apparentemente unanime, suscitare tanta curiosità? Quasi sempre non
erano gli atti rappresentati dai video e dalle foto a causare lo
scandalo. Internet era pieno di pornografia molto più estrema; materiale
oltretutto filmato a una risoluzione molto più alta. Nulla a che vedere
neanche con i meandri oscuri di quella che alcuni chiamano /darknet*/,
che in realtà non c'entrava un bel niente.
Infatti si trattava di materiale che usciva allo scoperto, pubblicato e ben indicizzato dai
motori di ricerca. Anche quando la scure della censura si abbatteva sul
contenuto incriminato, bastava cercare un attimo per trovare, su alcuni
forum più o meno specializzati, il materiale ormai vietato; spesso
arricchito da commenti schifosi sulla stupidità della vittima o
sedicenti riflessioni politiche che sembravano esser state vomitate
direttamente dalle epoche più buie della storia umana.
Raramente le vittime riuscivano a immaginare quali avrebbero potuto
essere le conseguenze delle loro azioni. Questo spesso accadeva perché,
come la maggior parte persone, stavano appena iniziando a prendere
confidenza con alcuni effetti noti delle dinamiche di rete. L'effetto
protagonista di questa storia purtroppo esemplare aveva preso il nome
della cantante e attrice americana Barbra Streisand.
Il principio era semplice: quanto più venivano profusi sforzi per
proibire la fruizione e per cancellare un'informazione, tanto più quella
si diffondeva. Andava così a colpire un pubblico sempre più ampio. Un
chiacchiericcio assicurato, una notizia che senz'altro avrebbe fatto
rumore. Un rumore a volte macabro. \\
Che c'entrava Barbra Streisand? La risposta è semplice: nel 2003 la
cantante e attrice intentò causa contro il sito pictopia.com. Mirava a
ottenere dieci milioni di dollari di danni e il ritiro immediato di uno
scatto che il fotografo Kenneth Adelman aveva messo online. Si trattava
di un'immagine scattata dal cielo in cui si poteva scorgere la villa
posseduta dalla Streisand a Malibù. L'attrice riteneva che questa fosse
una violazione della sua vita privata. I giudici le diedero ragione e,
dopo il processo, la foto era stata cancellata dal sito originario, ma
si era diffusa altrove sul Web.
In maniera del tutto differente, la Chiesa di Scientology offrì un altro
esempio di questo effetto. Aveva richiesto la rimozione di un video di
Tom Cruise, pubblicato senza il suo consenso su diversi siti di hosting
video, tra cui il famoso YouTube. La soppressione era stata effettuata,
ma aveva provocato l'effetto opposto a quello cercato. La cosa era stata
denunciata come censura e aveva dato il via al progetto Chanology nel
gennaio 2008, che aveva dato l'occasione di intervenire ai primi
Anonymous. In quel caso rimaneva la libertà di giudizio: effetto vizioso
o caso virtuoso?
* Capire
:PROPERTIES:
:CUSTOM_ID: capire
:END:
La reputazione, che ci piaccia o meno, era il vero capitale di cui
disponevano gli utenti della Rete. La reputazione era difficile da
costruire e facilissima da perdere. Altrettanto facile era distruggere
la reputazione altrui per mezzo di calunnie o semplicemente prestandosi
a far circolare certi contenuti. Ciò che si desidera nascondere emerge
con forza sempre rinnovata, calamita gli sguardi, alimenta la
maldicenza.
Il luogo privilegiato per la costruzione della reputazione era diventato
la Rete di Internet. Questa Rete era stata costruita in maniera
volutamente decentrata, per poter essere più resistente in caso di
attacco. Le informazioni venivano copiate molte volte, in molti luoghi
diversi, in modo che risultasse di fatto impossibile cancellare
definitivamente un contenuto diffuso anche solo una volta. Ecco perché
l'effetto Streisand aveva una rilevanza mondiale: per via della
diffusione capillare del Web e delle caratteristiche specifiche
dell'infrastruttura su cui il Web si appoggiava.
Se il contenuto nocivo si fosse trovato sotto il controllo di un'unica
autorità o utente, centralizzato, sarebbe risultato banale rimuoverlo o
impedirne la diffusione. Paradossalmente, era la caratteristica
anti-censura della Rete a renderla perfetta per amplificare l'effetto
Streisand. \\
Non si trattava però di un fenomeno del tutto nuovo, bensì dell'inverso
di un effetto di nascondimento noto alla psicologia cognitiva da molto
tempo, e ben prima alla letteratura. Il principio potrebbe essere
enunciato nel seguente modo: il modo migliore per nascondere qualcosa è
in piena vista, in mezzo ad altre cose simili. Nel racconto /La Lettera
rubata/ (/The Purloined Letter/, 1845) di Edgar Allan Poe, il cavalier
Dupin intuisce che la preziosa perché compromettente lettera sottratta
al ministro G. si trova, opportunamente mimetizzata, in un luogo
visibile a tutti proprio nello studio dove il ministro riceve i
visitatori.
Nell'era di Internet, tuttavia, tutti si trovavano nella situazione del
ministro: tutti sotto scacco, tutti ricattabili per qualcosa di
compromettente che poteva rovinare la reputazione. Questa era la parola
chiave: reputazione. Naturalmente, anche se prevenire è meglio che
curare, una volta che la frittata è fatta, l'unica cosa da fare è cercar
di limitare i danni. Si tratta infatti di capire come abbassare il
livello d'attenzione, ricordando che difficilmente sarà possibile
rimuovere del tutto e per sempre quell'informazione, video o immagine
fonte di tanta sofferenza.
* Buone pratiche
:PROPERTIES:
:CUSTOM_ID: buone-pratiche
:END:
Seguiamo il ragionamento di Dupin, all'inverso: l'unico modo per evitare
l'instaurarsi dell'effetto Streisand è nascondere l'informazione in
mezzo a molte altre simili. Le informazioni vengono reperite attraverso
i /metadati/, cioè tutto ciò che sta intorno ai dati e li descrive. Una
foto viene recuperata tramite il titolo, la data, la risoluzione, dove è
stata scattata, da quale dispositivo e così via. Postare altre foto con
soggetti non compromettenti ma lo stesso titolo potrebbe sembrare una
sciocchezza, eppure spesso funziona egregiamente. Lo stesso vale per i
video e qualsiasi altro contenuto.
Va notato che questa pratica è, di fatto, una forma di censura. Sono
molti i regimi dispotici e autoritari che si avvalgono di simili mezzi
per tacitare il dissenso. Si lascia esprimere qualsiasi opinione e poi
si sommergono i forum degli oppositori con commenti negativi, tramite
operazioni di /trolling/ o addirittura /shitstorm/. Dall'altra parte si
inonda la Rete di messaggi a favore del governo, tramite blogger
prezzolati o altri produttori di contenuti a pagamento.
* La parola alla tecnica
:PROPERTIES:
:CUSTOM_ID: la-parola-alla-tecnica
:END:
In caso di informazioni ritenute offensive o lesive, è possibile
rivolgersi non solo ai diretti interessati, ma anche ai grandi motori di
ricerca, come Google, per richiedere la rimozione dei risultati
incriminati. Nel caso di Google la procedura è piuttosto complessa, e
differenziata, a seconda che si richieda la rimozione di immagini o
altro per motivi legali oppure per motivi personali. Bisogna cercare
«Norme per la rimozione».
Attenzione: Google si attiene al DMCA (/Digital Millennium Copyright
Act/), la legge in vigore negli Stati Uniti che regola questa materia.
Alcuni risultati potrebbero essere rimossi dai risultati accessibili
dalle interfacce localizzate, ad esempio in italiano, ma non nel sito
principale.
* Cosa ne pensa l'hacker?
:PROPERTIES:
:CUSTOM_ID: cosa-ne-pensa-lhacker
:END:
Segnalare a un motore di ricerca un contenuto lesivo e ottenerne la
rimozione nell'elenco dei risultati rientrava nel cosiddetto /diritto
all'oblio/. Ma dal punto di vista tecnico si trattava semplicemente di un
ulteriore dato registrato nelle basi dati dell'azienda a cui si
richiedeva l'intervento, poiché per rimuovere l'indicizzazione è
necessario indicare che quel contenuto non deve essere trattato come gli
altri.
Tutto si basava sulla fiducia nel comportamento di quel pugno di mega corporazioni, non certo sull'impossibilità tecnica di ricostruire
l'accaduto. Anzi, a rigor di logica sarebbe stato possibile creare dei
veri e propri elenchi di tutti coloro che avevano richiesto di essere
dimenticati, una sorta di lista nera automatizzata!